I sette peccati capitali dell’economia italiana
Secondo Carlo Cottarelli, autore del libro, non abbiamo molto tempo per affrontare i nostri problemi e per riprendere il cammino dello sviluppo è necessario un forte consenso dell’opinione pubblica.
Alberto Costa
Socio ALDAI Federmanager e componente del Gruppo Progetto Innovazione
Recensione del libro "I sette peccati capitali dell’economia italiana" di Carlo Cottarelli
Edizioni Feltrinelli
Disponibile on-line e nelle migliori librerie
Pagine 176 - euro 15,00
Sette peccati, ma potrebbero essere di più; questi sono probabilmente i principali.
Potremmo porvi rimedio se …
Un libro interessante, piacevole da leggere, nonostante la serie precisa di dati che propone, tutti con i dovuti riferimenti. Gli argomenti che vengono svolti e discussi hanno molto in comune con quanto sostengono i manager italiani attraverso le loro Associazioni.
Elenchiamo questi peccati.
Evasione fiscale
Troppo si evade in Italia e l’evasione fa male all’economia e alla società. Cosa si può fare per contrastare l’evasione è il primo degli approfondimenti del libro.
Corruzione
Cottarelli descrive i numeri e gli indicatori oggettivi della corruzione, gli effetti economici della corruzione, la prevenzione, la repressione. E’ necessario lo sviluppo di una cultura dell’anticorruzione e una maggiore trasparenza.
Eccesso di burocrazia
Lacci e lacciuoli, grandi burocrati e piccoli burocrati, quanto è estesa la burocrazia, i costi della burocrazia, occorrono più liberalizzazioni, più concorrenza, meno leggi e regole. Occorre costruire una cultura della legalità.
Lentezza della giustizia
I tempi della giustizia italiana sono molto più lunghi che all’estero; inoltre esistono forti differenze fra una regione e l’altra. Una giustizia lenta mette a repentaglio la certezza del diritto e scoraggia l’investimento privato. Si è introdotta la mediazione civile e la negoziazione assistita. Ci sono tuttavia troppi avvocati in Italia a paragone con gli altri Stati. Si cerca di passare al “processo telematico”.
Crollo demografico
Un grosso problema e se ne era già accorto Augusto, che nel 18-17 a.C. promulgò la “lex Iulia de maritandis ordinibus”. Se la natalità crolla e il paese invecchia si verifica un effetto devastante sui conti pubblici. Effetto dell’immigrazione, ma va analizzato il legame tra demografia e produttività. Gli immigrati sono spesso occupati in lavori a basso reddito e produttività. Politiche volte ad aumentare la natalità, asili, sussidi, pratiche di lavoro più flessibili, il caso della Svezia: è un sistema molto costoso, ma in Svezia tutti pagano le tasse. Per quanto riguarda l’immigrazione un ordinato e graduale afflusso di immigrati, che si integrino bene nella cultura italiana, può essere utile all’economia, ma non si può continuare nel modo disordinato che abbiamo sperimentato negli ultimi anni.
Divario tra Nord e Sud
Un problema strutturale molto complesso che ereditiamo di generazione in generazione. Un problema che non si può risolvere semplicemente attraverso politiche di trasferimento di risorse, peraltro effettuate per decenni. Il reddito al Sud è più basso, perché il lavoro è meno produttivo e perché lavorano meno persone rispetto alla popolazione. Il costo della vita è però più basso. Deve essere considerato il divario di performance della pubblica amministrazione, evidenziato dagli indici di efficienza; il divario nei saldi dei conti pubblici, che nel sud hanno generato persistenti e ampi deficit; il divario di capitale sociale e di capitale umano. Il calo demografico è poi più forte al Sud che al Centro-Nord. Bisogna cercare di accelerare lo sviluppo economico del Sud creando un clima favorevole all’investimento privato: lasciando più spazio al normale funzionamento del mercato, provocando un efficientamento della pubblica amministrazione e il rafforzamento del capitale sociale e umano.
Difficoltà a convivere con l’euro
Un tema molto dibattuto e Cottarelli ritiene sia meglio vivere nell’euro che vivacchiare fuori. Per superare le difficoltà attuali occorre recuperare il tempo perso, soprattutto in termini di competitività e di produttività. Due crisi economiche, quella globale del 2008 e quella dell’euro del 2011: nel 2016 il reddito pro capite è al livello del 1998. Essenziale la competitività del settore manifatturiero, il costo del lavoro per unità di prodotto: non siamo stati capaci di adeguarci alle nuove regole di comportamento, nonostante che con l’entrata nell’euro gli interessi sul debito pubblico si siano ridotti considerevolmente e nonostante il sostegno dato dalla Bce. L’uscita dall’euro non risolverebbe i nostri problemi, sarebbe accompagnata da un taglio dei salari reali, manderebbe in bancarotta molte imprese e famiglie, creerebbe una svalutazione ancora più alta di quella necessaria per sanare i problemi di competitività.
Che fare ?
Per ciascuno dei peccati Cottarelli suggerisce dei rimedi, ma in particolare le ricette per l’ultimo punto abbracciano tutti i precedenti e sono largamente condivisibili da parte dei dirigenti.
Il modello di crescita che può agevolare un’uscita dalla crisi è un modello trainato dalle esportazioni. Occorre fare di più per recuperare competitività, occorre aumentare la produttività. Più in generale occorre riformare l’economia in modo che tutti i costi che un’impresa deve affrontare siano ridotti. Occorre aumentare la concorrenza: un’economia di mercato funziona bene se c’è abbastanza concorrenza.
Occorre ridurre la tassazione e risparmiare sulla spesa pubblica.
Dobbiamo cavarcela da soli per stare in Europa e muoverci per tempo. Il tutto richiederà probabilmente un ripensamento del ruolo dello Stato nell’economia.
Occorre una profonda trasformazione culturale e sociale, riaffermare i valori di solidarietà e senso civico, agire rafforzando il capitale sociale. La scuola dovrebbe diventare la fucina del nuovo spirito civico.
Due osservazioni finali: non abbiamo molto tempo e un forte consenso per tali riforme è necessario da parte dell’opinione pubblica.
01 ottobre 2018