Al tavolo del PNRR non può mancare il contributo delle rappresentanze manageriali

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha il duplice obiettivo di assicurare la continuità operativa e creare le condizioni per la ripresa; partendo dalla rinascita della fiducia dopo un periodo di emergenza e timori sulle prospettive

Mario Draghi ® foto Filippo Attili

Franco Del Vecchio

Segretario CIDA Lombardia - lombardia@cida.it
Se l’Italia era in recessione già prima del COVID dovremmo mobilitare subito tutte le forze e le rappresentanze, nessuna esclusa, per il rilancio del Paese, allo scopo di evitarne il progressivo impoverimento.

Al tavolo del PNRR sono determinanti i contributi delle rappresentanze politiche e sociali, quelle numericamente rilevanti e quelle qualitativamente determinanti, compresa la rappresentanza CIDA dei dirigenti e delle alte professionalità dei settori privati e pubblici.

Il tavolo ha la responsabilità di definire il piano nazionale degli investimenti per affrontare le sfide future della competitività globale, polarizzazione, efficienza del sistema pubblico, valore aggiunto, etc... 

Per realizzare un piano efficace ci vuole una visione condivisa e realistica, ci vuole coraggio per definire gli obiettivi da conseguire in termini di PIL pro-capite e di tassi di occupazione da conseguire, di giovani da inserire nel mondo del lavoro. Numeri chiari sui quali impegnare tutte le forze politiche, sociali e le competenze del Paese.

Solo avendo definito i target da raggiungere nel tempo si può completare la strategia complessiva identificando le azioni, i progetti prioritari sui quali investire.

Le risorse pur ingenti sono sempre limitate ed è necessario concentrarle sui progetti che possano modificare e riformare radicalmente il bilancio del Paese, perché continuare come si è fatto finora utilizzando gli investimenti a debito per la spesa corrente, sempre al limite della recessione, permetterà solo di spostare di un paio d’anni la resa dei conti.

Le risorse del Paese sono nelle persone e il primo obiettivo del piano dovrà essere la competitività del sistema per raggiungere i livelli di occupazione degli altri Paesi europei, passando dall’attuale 58% della popolazione in età compresa tra 20 e 64 anni al 73% della media europea pre-covid, colmando la differenza di 15 punti percentuali che ci pone in fondo alla classifica.

L’obiettivo è invertire il trend di migrazione di giovani e manager qualificati e di arrestare il precariato valorizzando il merito piuttosto che penalizzarlo.

Il piano deve essere chiaro nella governance e negli obiettivi mettendo in evidenza i benefici per la collettività in termini di Pil pro-capite, potere d’acquisto dei lavoratori e dei pensionati rispetto al altri Paesi europei. Insomma non una iniezione per sopravvivere meglio ancora qualche anno, ma per dare una svolta decisa nella direzione del rinascimento del Paese.

Al tavolo che deciderà le prospettive dell’Italia non possono mancare i rappresentanti di un milione di manager: dirigenti, quadri e professionalità del pubblico e privato, un corpo sociale responsabile e competente che ha a cuore il futuro del Paese.
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