Politiche sociali e riforme pensionistiche nel futuro dell'Europa

Il dibattito in corso per l'elezione del nuovo Parlamento europeo rappresenta una grande opportunità per comprendere la visione delle varie formazioni politiche riguardo alla governance dell’UE per i prossimi cinque anni. I risultati emersi dalla “Conferenza sul futuro dell'Europa” indicano che i cittadini propongono modifiche ai Trattati e ad altri strumenti normativi, ponendo un'enfasi particolare sull'attribuzione di maggiori competenze all'UE nelle politiche sociali, con un focus specifico anche sui sistemi pensionistici. Si auspica che i nuovi membri eletti al Parlamento Europeo assumano l’impegno di dare corso alle richieste dei cittadini. Ma questi, a loro volta, hanno una pesante responsabilità: il futuro dell’Europa è nelle loro mani

Antonio Dentato   

Componente Sezione Pensionati Assidifer - Federmanager
Sullo sfondo c’è il dibattito politico in vista delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno 2024. E, all’interno del dibattito, ci sono i temi oggetto dei lavori della Conferenza sul futuro dell'Europa, svoltasi su una piattaforma digitale multilingue, inaugurata il 9 maggio 2021 e conclusasi il 9 maggio 2022 con la consegna alle Istituzioni europee della Relazione sul risultato finale della Conferenzache contiene 49 proposte con 325 provvedimenti per realizzarle. 
Il 22 novembre 2023, il Parlamento europeo ha approvato il documento di AFCO (Committee on Constitutional Affairs) contenente proposte di emendamenti ai Trattati e altri interventi normativi; nel contempo ha deliberato di chiedere al Consiglio il lancio di una Convenzione, sulla base dell’articolo 48 del Trattato, al fine di recepire le richieste dei cittadini europei (per maggiori informazioni e per la lista dei temi per i quali sono stati proposti emendamenti o aggiornamenti normativi, vedi Verso un'Europa più forte. Dare seguito alle proposte della "Conferenza” sul futuro dell'Europa di Paolo Zanella)

Il contributo dell’Italia alla Conferenza sul futuro dell’Europa 

La relazione del Governo sul contributo italiano alla Conferenza è stata presentata a Roma il 15 giugno 20222 . Il documento evidenzia come molte delle proposte emerse dal dibattito cui hanno partecipato i cittadini italiani siano poi confluite nelle decisioni assunte a livello europeo, e che numerose proposte trattate nei diversi Paesi dell’Unione siano spesso, molto simili e prescindano dalle differenze nazionali, confermando l’alto valore aggiunto del contributo nazionale al dibattito svoltosi in quello spazio di dialogo e di partecipazione individuato come “la sfera pubblica europea” (Habermas).3 Uno spazio tuttora inadeguato al processo d’integrazione europea, ma la Conferenza, con l’organizzazione di eventi in un’ampia gamma di formati e modalità in tutta Europa e con l’attivazione anche della piattaforma digitale, possiamo dire che costituisca un piccolo lascito per fare avanzare il processo d’integrazione europea. Utopia? Speranza? Anche le prossime elezioni saranno un segnale. Intanto per quanto riguarda le proposte scaturite dalla Conferenza - spiega il documento governativo citato – toccherà alle Istituzione europee esaminare le proposte e individuare come tradurle in decisioni concrete

Politiche sociali e mercato del lavoro

Per il tema che intendiamo trattare in questo articolo, un’attenzione particolare merita la proposta di modifica relativa alle “Politiche sociali e mercato del lavoro”. Un aggiornamento potenzialmente capace di innescare cambiamenti e miglioramenti unificanti che tengano conto dei sistemi pensionistici come parte integrante della più ampia rete di protezione sociale. Una modifica importante, visto che, pressoché ovunque, le Riforme delle pensioni sono condizionate prevalentemente dall’attenzione degli Stati alla sostenibilità di bilancio, e molto, molto meno, da principi stabiliti dalle norme internazionali sulla protezione sociale come l’universalità, l’adeguatezza delle pensioni, la solidarietà. Principi fondamentali, questi, per garantire la sicurezza del reddito degli anziani, che è - o dovrebbe essere - l’obiettivo primario di qualsiasi sistema pensionistico.4  Purtroppo le disposizioni in materia si muovono secondo variabili di segno diverso.  Chiariamo, qualche passo in avanti è stato fatto: esiste già una “pensione europea”, è il Pan European Personal Pension Product (PEPP), uno strumento di previdenza complementare individuale volontaria; fa parte dei prodotti del cosiddetto terzo pilastro.5  Qui invece intendiamo parlare delle pensioni pubbliche obbligatorie, come sono erogate nei Paesi membri dell’UE. 

Proposte di emendamenti

Gli argomenti appena esposti hanno avuto il loro peso nel corso della Conferenza sul futuro dell'Europa, nel senso che è emersa la generale convinzione che occorre procedere verso un migliore coordinamento e una più elevata integrazione delle politiche sociali e del mercato del lavoro. Questo favorirebbe anche maggiore coerenza e convergenza dei sistemi pensionistici, contribuendo così a un'Europa più coesa e solidale. A proposito di questi ultimi, ovviamente, possiamo dire che si tratta, al momento, di una tendenza collettiva alla ricerca di maggiore sicurezza sociale. Ma questo nulla toglie alla concreta prospettiva di un assetto più integrato dei diversi sistemi. Ne troviamo conferma nelle conclusioni della Relazione sul risultato finale della Conferenza.
 
Detto brevemente: viene proposto che l’UE, sulla base di un’analisi approfondita, si doti di maggiori competenze in materia di politiche sociali al fine di armonizzare e stabilire prestazioni pensionistiche minime in tutta l'Unione; che la  pensione minima sia superiore alla soglia di povertà del Paese; che l'età pensionabile sia flessibile e diversificata in relazione alle diverse categorie professionali (cioè che sia consentito di andare in pensione prima, tenendo conto delle attività professionali più impegnative sul piano mentale e fisico), che sia garantito il diritto al lavoro per gli anziani che desiderano continuare a svolgere l’attività su base volontaria. 

Per ora sono solo proposte. Se accolte, costituirebbero un primo nucleo di norme in materia pensionistica da aggiungersi alle altre esistenti. Norme, queste, che si evolvono continuamente e hanno semplicemente lo scopo di impedire che i cittadini perdano parte o tutti i diritti in materia di sicurezza sociale quando si spostano da uno Stato membro all’altro. Riguardano, ad esempio, disoccupazione, assistenza di lungo periodo, accesso alle prestazioni per le persone economicamente inattive, prestazioni familiari, legislazione applicabile ai lavoratori distaccati e alle persone che lavorano in due o più Stati membri…6 
Fanno corpo a sé le Convenzioni per evitare le doppie imposizioni: ovvero Trattati internazionali con i quali i Paesi contraenti regolano l’esercizio della propria potestà impositiva al fine di eliminare le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti. 

Sulle proposte le Istituzioni dell’Unione sono ora impegnate a far avanzare l’iter procedurale di modifica di Trattati o di altri strumenti normativi. Un cammino reso difficile da molti fattori, tra i più rilevanti: la complessità del processo decisionale dell’UE, i mutamenti demografici in atto, modelli pensionistici che hanno radici lontane nel tempo, riluttanza a cedere competenze in una materia - quella pensionistica - riservata essenzialmente al controllo degli Stati. Una particolare resistenza deriva anche dal fatto che, in alcuni casi, i sistemi pensionistici assumono funzioni diverse da quelle esclusivamente previdenziali. 

I limiti della normativa europea in materia di sicurezza sociale

La complessità delle procedure deliberative dell'Unione Europea è dovuta principalmente alla molteplicità degli attori coinvolti, alla diversità di interessi tra Stati membri, alla necessità di garantire un equilibrio tra competenze nazionali e sovranazionali, nonché alla complessità delle questioni trattate che, spesso, richiedono un consenso unanime tra i diversi livelli istituzionali dell'UE: una vera trappola che impedisce o, comunque, rallenta il processo decisionale. 

Pensioni dinanzi alla sfida demografica

L'Europa sta affrontando una delle sfide demografiche più significative della sua storia: l'invecchiamento della popolazione. Leggiamo nelle analisi del Censis: “le proiezioni demografiche relative al continente europeo, sempre più anziano e sempre più piccolo, attestano che la popolazione dell’Unione europea scenderà dagli attuali 449 milioni di abitanti a 448 milioni nel 2050, per poi ridursi ancora a 429 milioni nel 2075 (-4,3% rispetto a oggi)”.7  L’Eurostat, a sua volta, rileva che è in atto un costante abbassamento dei tassi di natalità, mentre è più alta l’aspettativa di vita.8 Cambiamento demografico, dunque, che implica profonde conseguenze sociali, economiche e politiche per i Paesi europei e per l'Unione nel suo complesso. 
Più particolarmente, l'invecchiamento della popolazione mette in evidenza le diverse conseguenze che, sul piano pensionistico ne derivano, sia per i singoli individui, una volta collocati in pensione, che per i sistemi pensionistici nazionali. Tutte sfide, queste, che richiedono una revisione delle politiche pensionistiche: vanno dall'età pensionabile all'importo dell’assegno, alle altre prestazioni aggiuntive garantite ai pensionati. Per rendere omogenee tutte queste prestazioni occorrerà procedere ad un'attenta analisi tenendo conto del grado d’invecchiamento e delle specificità di ciascun Paese.

Pensioni a geografia variabile

Merita segnalare le disomogeneità fra sistemi pensionistici utilizzati nei Paesi dell’UE: contributivi, retributivi, a punti, ma anche sistemi che integrano la pensione di base con fondi pensione aziendali e polizze previdenziali; e, quindi, disomogeneità di tassazione relativa. Va considerato, infine, il meccanismo di adeguamento della pensione al costo della vita: alcuni Paesi lo collegano all’evoluzione dei salari, altri utilizzano un sistema misto di indicizzazione salari/prezzi, altri ancora effettuano la rivalutazione esclusivamente in base all'indice dei prezzi al consumo.9  
Realisticamente va tenuto conto delle differenze culturali, economiche e sociali che influenzano i modelli pensionistici nazionali di ciascun Paese dell’UE. In ogni caso, superate le diversità in atto, l’armonizzazione porterebbe ulteriori benefici in termini di mobilità dei lavoratori all'interno dell'UE e di equità sociale tra i cittadini europei.

Pensioni a obiettivi variabili

Sistemi pensionistici disomogenei quindi che riflettono storie nazionali e scelte politiche diverse. Ci sono quelli creati nell’ultimo dopoguerra per ricomporre storie contributive disperse a causa di eventi bellici; quelli di Paesi che li utilizzano per realizzare politiche redistributive, quelli usati per l’attuazione di politiche di ristrutturazione industriali o per dare sostegno a settori in difficoltà (prepensionamenti che scaricano i costi sul sistema previdenziale); quelli orientati prevalentemente a fini assistenziali, ecc. Insomma non politiche previdenziali dirette ad assicurare un reddito ai lavoratori per il periodo dopo l’attività lavorativa, ma per fini che con la previdenza non hanno nulla a che fare. Di qui ulteriori funzioni non chiaramente definibili di taluni sistemi pensionistici. Anche in questo caso, una definizione armonizzata della finalità del sistema pensionistico gioverebbe a un equo trattamento dei pensionati in tutta l’UE. 

Dalla visione all’azione

I limiti normativi, le disomogeneità, le confuse finalità e tutta una serie di differenze fra i sistemi pensionistici dei Paesi dell’UE sono vere e proprie barriere a una loro armonizzazione. Superarle richiede uno sforzo enorme, diffuso e domanda il coinvolgimento di Istituzioni e cittadini.  Spetta alle Istituzioni europee, come dicevamo sopra, dare seguito alle proposte sintetizzate nella Relazione finale della Conferenza. Una prima iniziativa in questa direzione è stata realizzata il 17 giugno 2022 dalla Commissione Europea con la comunicazione intitolata Dalla visione all’azione che contiene una valutazione dettagliata di ciò che è necessario fare: espone una panoramica delle prossime tappe, illustrando come trarre insegnamenti dalla Conferenza e integrare la democrazia partecipativa nel processo politico e legislativo dell'Unione europea. Il primo passo, quindi, è nell'istituzione di una Convenzione per rispondere all’aspettativa espressa dai 27 Stati membri. Passo difficile, anche questo, per i diversi gradi di adesione politica che i Paesi membri hanno a riguardo dell’integrazione europea. Questa è, infine, la questione di fondo su cui si confrontano le varie formazioni politiche che partecipano alla tornata elettorale europea dell’8 e 9 giugno. 

L’avvenire dell’Europa è nelle mani dei cittadini europei

La Relazione conclusiva della Conferenza è accompagnata da interventi e messaggi che vanno tutti nella stessa direzione: che siano rispettate le proposte dei cittadini. "Nel caso in cui tali proposte vengano ignorate o esplicitamente respinte, le istituzioni dell'UE devono risponderne, giustificando le ragioni per cui è stata presa tale decisione."10  Ma i cittadini, a loro volta, hanno una pesante responsabilità: il futuro dell’Europa è nelle loro mani. 


Note
 3. Cfr. Jürgen Habermas, “Il ruolo dell'intellettuale e la causa dell'Europa” (p.21 e segg, Kindle). Ed. Laterza
 4. Rapporto mondiale sulla protezione sociale 2020–22, Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) - Vedere anche Pilastro europeo dei diritti sociali, Göteborg, 2017 e una nuova indagine Eurobarometer del 12 aprile 2024 che conferma che l’88% dei cittadini europei considera importante – a livello personale - un’Europa sociale.  Ciò è coerente con i risultati di un’indagine analoga pubblicata nel 2021 che dimostra che il pilastro dei diritti sociali rimane pertinente in Europa, (UE, Rappresentanza in Italia)
 5. Regolamento (Ue) 2019/1238 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019
 6. Disposizioni UE sulla sicurezza sociale I diritti di coloro che si spostano nell’Unione Europea
 8. Cfr. Struttura della popolazione e invecchiamento, Eurostat
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