Perché è necessario ricorrere al Mes
L’Europa ci mette a disposizione 36 miliardi di euro da investire nella sanità pubblica, e anche nella sanità integrativa, per realizzare nuovi ospedali, nuove case della salute, medicina domiciliare, assunzioni e apparecchiature all’avanguardia. Dovremmo prenderli e, soprattutto, dimostrare di saperli spendere bene.
Marcello Garzia
Presidente Fasi
La fine dell’estate, complice alcune scelte sbagliate e comportamenti poco responsabili, ha riportato in primo piano la diffusa inquietudine per il trend da contagio da coronavirus che si conferma uno scomodo compagno di strada e di vita in Italia come nel resto del mondo.
L’inizio dell’anno scolastico con milioni di ragazzi, dopo il prolungato lockdown, che ritornano a frequentare le aule e le università ha, se possibile, aumentato il timore per l’immediato futuro. In Francia, Spagna, Stati Uniti, per parlare solo di paesi industrialmente avanzati, il numero di contagi ha quasi toccato le vette della primavera passata.
In Israele è arrivato in questi giorni l’avviso allarmante di un ritorno del lockdown. I telegiornali e i talk-show continuano, ogni sera, a declamare i numeri del contagio e l’opinione pubblica appare confusa tra la speranza di un vaccino che possa portare ad una prossima fine della pandemia e il timore di una recrudescenza che avrebbe effetti ancora più devastanti di quelli a cui abbiamo assistito.
Forse, se siamo destinati nel futuro intermedio ad una sorta di “convivenza” con il virus venuto dall’estremo Oriente, sarebbe più ragionevole potenziare gli investimenti per trovare una “cura” in grado, intanto, di fermarlo e ridurre così i rischi di ricoveri in terapie intensive e negli ospedali. C’è da riconoscere che il governo e le regioni, sotto quest’aspetto, hanno fatto sforzi impegnativi, il sistema sanitario italiano non è più quello dei primi mesi dell’anno, allorquando le strutture ospedaliere vacillavano sotto l’assalto di migliaia di persone affette da violenti infezioni polmonari, dalle cause allora sconosciute, che non lasciavano scampo.
Sono stati potenziati i reparti intensivi, così come le strutture di pronto intervento, le analisi, i tamponi e anche la medicina di prossimità. Ad oggi il servizio sanitario può contare su oltre 8mila posti di terapia intensiva, utilizzati, per fortuna, solo per l’1,5% e se anche arrivassimo, speriamo di no, al numero dei ricoverati in Francia o Spagna, sarebbero occupati solo il 5% dei posti disponibili. Restano, comunque, sottotraccia, gravi problemi strutturali nella rete sanitaria italiana che se non affrontati in modo risolutivo, possono vanificare tutto quello che è stato fatto finora.
In questa ottica appare, a mio giudizio, sempre più incomprensibile la posizione assunta da alcune forze politiche di ostilità ad accedere a risorse stanziate e già disponibili come il Mes (Meccanismo europeo di stabilità) che l’Unione Europea ha inserito tra gli strumenti disponibili per contrastare la crisi economica provocata dall’emergenza sanitaria. L’unica condizione per accedervi è che il paese richiedente usi i soldi per spese sanitarie legate alla crisi del Covid-19. Alcuni temono che l’accesso a quei prestiti possa far finire l’Italia sotto la stretta sorveglianza e le imposizioni di Bruxelles, com’è successo in passato alla Grecia sottoposta a misure d’austerità e alle riforme chieste dalla cosiddetta “troika” ( il terzetto di creditori formato da Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale). La mia impressione è che questi timori sono una conseguenza del fatto che per molti italiani il Mes sia un oggetto misterioso, in parte frutto della diffidenza diffusa nei confronti dell’Europa. Chiarire in modo obiettivo e propositivo di cosa si parla effettivamente può sicuramente aiutare a fugare i dubbi.
In buona sostanza per l’Italia sono potenzialmente disponibili fino a 36 miliardi di euro. Scadenza decennale del prestito ad un tasso annuale dello 0,1%, costo una tantum di 0,25% e costo annuale pari allo 0,005%. Detto in altri termini il prestito Mes è praticamente senza interessi. Le condizioni di accesso al Mes, per tornare all’attualità, ammettono il finanziamento delle spese sanitarie indirette come, ad esempio, la sanificazione degli edifici scolastici, il potenziamento della medicina territoriale, la ristrutturazione e la costruzione di nuovi ospedali, la telemedicina, misure di prevenzione sul territorio, digitalizzazione, telemedicina, ecc.
Sappiamo che il “rischio zero” non esiste, con l’autunno arriverà l’influenza stagionale anch’essa contagiosa e virulenta. Occorrerà attrezzarsi a distinguere, altrimenti ogni raffreddore o colpo di tosse verrà scambiato per Covid, e la medicina territoriale, gli ambulatori e i medici di famiglia, avranno un ruolo determinante. Sarà assolutamente necessario ampliare la copertura della vaccinazione antinfluenzale, rendendola forse obbligatoria per i soggetti a rischio. Infine, occorre rimediare agli effetti collaterali provocati dal coronavirus, il più serio dei quali riguarda le decine di migliaia (se non di centinaia di migliaia) di interventi chirurgici rimandati, di accertamenti non effettuati e quant’altro. Recovery Fund e Mes, per usare una metafora, sono treni che passano una volta sola e che possono permettere all’Italia di fare quel salto di qualità di cui abbiamo un bisogno assoluto.
L’Europa ci mette a disposizione 36 miliardi di euro da investire nella sanità pubblica, e anche nella sanità integrativa, per realizzare nuovi ospedali, nuove case della salute, medicina domiciliare, assunzioni e apparecchiature all’avanguardia. Dovremmo prenderli e, soprattutto, dimostrare di saperli spendere bene.
01 settembre 2020