Sanità alla prova demografica

L’ultima rilevazione Istat indica una spesa sanitaria pro capite pari a 2.404 € l’anno, ma metà degli italiani non contribuisce alla spesa sanitaria e l'altra metà oltre a sborsare sovente di tasca propria i soldi per curarsi, finanzia anche il Servizio sanitario nazionale con quasi 5.000 € l'anno pro contribuente. Il trend demografico e le crescenti spese sanitarie implicano un riflessione sulla sostenibilità del servizio sanitario.

Marcello Garzia

Presidente Fasi
La Banca d’Italia lo dice senza mezzi termini: se in Italia continua l’attuale crisi demografica, entro vent’anni la nostra economia potrebbe crollare in maniera inesorabile.

L’allarme è contenuto in un “occasional paper” pubblicato in questi giorni: “Negli ultimi 25 anni e con ogni probabilità nel futuro, la demografia ha dato e darà un contributo diretto sensibilmente negativo alla crescita economica”. Per più di un secolo dall’Unità, la percentuale di popolazione oltre i 64 anni, pur crescendo, si è attestata in Italia su livelli inferiori alla metà della popolazione più giovane (quella che ha meno di 15 anni).

Dal secondo dopoguerra, ma soprattutto dalla fine degli anni Ottanta, si è assistito, invece, a un progressivo mutamento strutturale che ha condotto la popolazione più anziana a superare quella più giovane verso la fine dello scorso secolo, fino a diventare pari al 165% della popolazione tra 0-14 anni. Le prospettive, secondo lo studio di Banca Italia, sono di un’altra crescita del rapporto associata a un aumento dell’età media di oltre 5 anni tra il 2017 e il 2016.

Sono numeri che devono far riflettere, specialmente se raffrontati all’impatto che avranno sulla cura della salute e sulla qualità di vita. Già oggi un italiano su due, se vuole curarsi, è costretto a mettere mano al portafogli e pagare medicinali, visite, esami di laboratorio e ricoveri ospedalieri. E non stiamo parlando soltanto dei ricchi con redditi a sei zeri. Infatti, dei 35 milioni di italiani che hanno pagato, circa due terzi dispone di un reddito basso o medio, è affetto da malattie croniche e, in molti casi, non è autosufficiente e dunque nella impossibilità di guadagnare.

Il conto di questo per così dire “autofinanziamento”, come abbiamo già riportato, è presto fatto: quasi 40 miliardi di euro dei quali appena 5 coperti da strumenti sanitari integrativi collettivi, il resto (35 miliardi) escono direttamente dalle tasche dei nostri concittadini.

L’invecchiamento della popolazione, di cui parlavamo all’inizio, provoca la cronicizzazione delle malattie e l’incremento del tasso di dipendenza dai farmaci che, detto per inciso, costano parecchio e vanno pagati.

Ecco perché l’orizzonte non appare roseo.

L’ultima rilevazione Istat disponibile riporta una spesa sanitaria pro capite pari a 2.404 euro l’anno, ma il dato statistico grezzo racconta solo una parte della realtà: una cospicua fetta d’italiani, infatti, oltre a sborsare di tasca propria i soldi per curarsi, finanzia anche il Servizio sanitario nazionale, ma non tutti; dal calcolo, infatti, vanno esclusi i 20 milioni di persone che a vario titolo non fanno la dichiarazione dei redditi e altri 10 milioni che dichiarano un reddito inferiore a 7.500 euro e, quindi, non versano l’Irpef.

In altri termini ciò vuol dire che sui restanti 30 milioni si scarica un onere quasi doppio rispetto alla media censita dall’Istat.

Il nostro auspicio è che, prima o poi, si riesca a mettere mano ad una riforma fiscale in grado di garantire equità e controlli efficaci per tutti i cittadini. Allo stesso tempo appare indispensabile accrescere l’informazione a tutti i livelli sulle possibilità offerte dalla copertura sanitaria integrativa che, come secondo pilastro del sistema sanitario, rappresenta un’opportunità per mantenere stabile la spesa pubblica. Il welfare state, infatti, è cambiato negli ultimi anni e sempre nel verso di una riduzione delle prestazioni gratuite.

Il rischio di scoprire all’improvviso di dover affrontare spese importanti e impreviste è sempre in agguato. La tutela offerta dalla sanità integrativa può essere invece la strada da percorrere per non trovarsi impreparati e soli ad affrontare l’emergenza.

È nostro dovere impegnarci nella diffusione di questi temi e dei vantaggi che un’assistenza sanitaria integrativa, regolata e controllata, può offrire per aiutare la sopravvivenza del Servizio Sanitario Nazionale basato sui principi dell’universalismo e dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla cura della salute, bene primario e insostituibile dell’intera umanità.
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