Neuroscienze per la ripresa

Non c’è dubbio che la nostra storia sia legata allo sviluppo della tecnologia e, nell’ultimo secolo, alla crescita esponenziale delle innovazioni computazionali

 

 

Bruno Villani

Presidente ALDAI-Federmanager

"L'AI oggi comincia a superare le prestazioni degli uomini in un numero crescente di competenze e missioni, inclusa la comprensione delle dinamiche emotive umane" (Y. N. Harari). AI e Macchine di aiuto e al servizio dell'uomo (non in sostituzione!) come tutti gli strumenti, possono contribuire al progresso integrale dell’essere umano e al bene comune a seconda dell’utilizzo che se ne farà. Un tema delicato su cui si e' sviluppato un ampio dibattito, con diverse sensibilità, che si ripropone con il Recovery Fund, strumento che doterà gli Stati della UE delle risorse necessarie per una rapida e auspicabile ripresa. 

L’Italia riceverà un’ingente risorsa economica che sarà investita su tre pilastri: la ripresa delle economie nazionali, la stabilità delle imprese e il rafforzamento del coordinamento europeo della sanità. Un potenziale enorme che può suscitare entusiasmo e speranza, ma anche preoccupazioni e non pochi dilemmi etici. Più importante è l’aiuto che la Commissione mette sul piatto, più grande può esserne il beneficio, ma anche più temibile il possibile danno arrecato da un suo mal uso.  Un dilemma etico che può essere applicato anche a molti altri campi e che impone una riflessione che sia in grado di offrire lo stato dell’arte, le reali evoluzioni, le applicazioni positive e i pericoli dell’utilizzo. Ma come sfruttare al meglio questa ingente erogazione di fondi? Un sondaggio SWG ha reso noto che oltre il 60% degli Italiani destinerebbe le risorse del Recovery Fund a ricerca e istruzione (riservando loro una priorità persino maggiore rispetto alla riduzione delle tasse) dato questo che ci porta a una doverosa riflessione visto che siamo ultimi tra i Paesi OCSE con il 28% di 25-34enni con diploma rispetto al 44% della media europea. Non è molto diverso per la ricerca. Anche nel nostro mondo, gli stessi Manager sono chiamati a giudizi etici quando, ad esempio, devono trattare con i loro stakeholder, il mercato di riferimento, i dipendenti, la direzione e le proprie azioni. Ma quando si affrontano dilemmi etici, quali sono i fattori che influenzano il processo decisionale di individui ed aziende? Che cos’è che forma le norme e gli standard etici di base? Qui entra in campo la neuroetica, punto di intersezione tra neuroscienze, filosofia ed etica, che si occupa di come le scoperte sul cervello influiscano sul nostro considerarci esseri umani (comprese le basi neurali della morale), delle implicazioni nelle politiche sociali e di come la ricerca stessa debba essere condotta.

J. Hooker, professore di Etica della Pennsylvania, sostiene che i Manager sono chiamati a prendere le decisioni giuste così come l’etica. Qual è quindi la differenza tra i due? Il management, secondo Hooker, “si occupa di come le decisioni influenzano l’azienda, mentre l’etica si preoccupa di come le decisioni influenzano tutto”. Se dunque il management opera nel contesto specifico dell’azienda e l’etica opera nel contesto generale del mondo, il management fa parte dell’etica e l’etica del business risulta essere il management svolto nel mondo reale. I principi etici sono alla base delle regole che stabiliamo per il nostro comportamento, determinano il tipo di persona che saremo e come gli altri ci vedranno. Ciò è fondamentale nel mondo del business, dove le persone devono potersi fidare. Tutto questo costituisce dunque un comportamento etico. L’etica è un elemento presente alla base di tutti gli aspetti – tecnologici, neuroscientifici, psichiatrici, psicologici, filosofici, giuridici e teologici – della robotica, dell’AI e delle molteplici applicazioni finalizzate al potenziamento umano. Anche per questo diventa strategico il neuromarketing un paradigma sempre più influente tra le grandi aziende, che sfruttano i dati del monitoraggio dell’attività cerebrale dei consumatori per massimizzare le vendite. Esso fonde conoscenze e teorie dal mondo delle scienze, dell’economia e della psicologia: i pilastri sono le neuroscienze, le teorie di marketing tradizionale e la psicologia comportamentale. 

Un quadro nuovo e complesso, dove i confini non sono mai netti. Business ed etica per esempio sono aspetti non all’antitesi, ma anzi sempre più complementari: nulla come un’azienda etica contribuisce infatti a rendere un Paese più sano e sostenibile. Le neuroscienze stanno apportando un prezioso contributo a trasformare e migliorare la società, l’umanità e la civiltà e possono essere una via, pragmatica e nuova, per rispondere alle esigenze di una lenta, ma auspicata ripresa. La sfida: fare innovazione pensando al bene comune, mettendo la persona al centro, senza però rinunciare alle logiche del business... sostenibile ovviamente! I Manager sono in prima linea su questo tema, giocano e devono giocare un ruolo guida ed essere punto di riferimento e esempio positivo da emulare. I Manager, veri attuatori e portatori del cambiamento, possono essere il volano ideale per coniugare questi due mondi: sono chiamati, più di altri, ad avere il coraggio del futuro e delle decisioni con visione strategica di lungo termine e concretezza, lottando contro la burocrazia e le sue potenziali negative implicazioni.
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