Il 25 settembre merita andare a votare

Ai politici che verranno chiediamo un piano di politica industriale che garantisca un operoso benessere

Daniele Damele  

Presidente Federmanager Friuli Venezia Giulia
Il Veneto è la regione che potenzialmente crescerà più di tutte nel 2022 con un Pil in aumento del 3,4 per cento. Tra le province svettano, però le performance di Gorizia e Trieste del Friuli Venezia Giulia. Ma l'orizzonte è insidiato da nubi. A dirlo è un’analisi della Cgia di Mestre. 

Per quanto gli scostamenti tra le previsioni di crescita delle singole regioni siano minimi, il Nordest italiano, comunque, torna a trainare l’economia del Paese. Nessuna altra regione italiana è destinata a fare meglio del Veneto. A seguirla nella crescita è la Lombardia con il 3,3 e l’Emilia Romagna con il 3,21. Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige registrano entrambe una variazione del +2,7 per cento. In merito alla crescita economica, misurata a livello provinciale dal valore aggiunto, svetta la Venezia Giulia: Gorizia con il +4,4 per cento e Trieste con il +4,3 guidano la classifica nazionale. Sondrio, invece, con il +4,1 occupa il terzo gradino del podio. La prima provincia veneta, vale a dire Verona, si piazza all’ottavo posto con un incremento del Pil rispetto al 2021 del 3,9 per cento.

Se questa è la parte buona dei numeri, l'autunno che ci attende sarà caratterizzato da uno scenario economico-sociale particolarmente difficile. Il caro energia, l’inflazione galoppante, gli sviluppi della guerra in Ucraina, la difficoltà di approvvigionamento di materie prime e le reazioni a una possibile recrudescenza del Covid (speriamo di no) potrebbero frenare con più forza di quanto previsto lo slancio economico maturato in Italia nella prima parte di quest’anno.

Anche i forti segnali di crisi che stanno investendo l’economia tedesca non lasciano presagire nulla di buono. Soprattutto per l'economia triveneta, anello fondamentale della filiera lunga della Germania. Sappiamo tutti che è la Germania che traina economicamente (e forse non solo…) l’Europa, è interesse di tutti, in questa fase soprattutto, che quel Paese funzioni bene dal punto di vista sociale ed economico. Anche i dati recenti dell’occupazione non sono affatto male, ma anche qui gli scenari futuri sono preoccupanti. 

Se non arrivano correntemente materie prime, se i costi dell’energia volano va da sé che a fatturati superiori rispetto al passato il guadagno evidentemente cala per l’aumento dei costi. È chiaro, quindi. anche a un ragazzino delle scuole superiori che occorre una politica industriale europea concertata, forte e determinata, un piano programmatico in grado di garantire futuro, di assicurare occupazione, di ridare a questo nostro Vecchio Continente nuovo slancio, lo definirei “giovanile”. Ma per fare ciò va da sé che serve una nuova coscienza che parta dal basso per giungere alle alte sfere. 

La prima cosa da fare in Italia è andare a votare il 25 settembre. Dico NO a lettere cubitali all’astensionismo. Domenica 25 settembre si deve andare alle urne. Votiamo chi riteniamo migliore a governare o, magari, il “meno peggio”, o se proprio non troviamo nemmeno il “meno peggio” lasciamo scheda bianca, è un segnale di astensione del tutto differente dal non recarsi alle urne.

Daniele Damele

Daniele Damele

Possiamo, però, fare di più: chiedere, direttamente, o attraverso le associazioni, i partiti, il mondo sindacale e delle categorie economiche, il volontariato, cosa desideriamo avere dai politici che governano l’Italia. Personalmente ripeterò a ognuno di loro che, a mio avviso, occorre un piano di politica industriale che riprenda Industry 4.0, metta l’Uomo al centro, favorisca un generale operoso benessere sociale ed economico agli italiani. 

È il momento di far sentire la propria voce, facciamolo con decisione e rispetto, ognuno per la sua parte e il suo ruolo ricordandoci chiaramente che il ruolo di elettore è indubbiamente del tutto rilevante. Ergo: buon voto a Tutti noi, buon futuro Italia, lo meriti per tutti gli italiani.