Comunicare bene per negoziare meglio

Come la tempestiva informazione e il coinvolgimento dei colleghi possono supportare le negoziazioni sindacali

Manuela Biti

Presidente della Commissione Sindacale e Lavoro ALDAI

Di questi tempi, quando l’azienda ti chiama preannunciandoti la richiesta di una trattativa, c’è davvero di che preoccuparsi: così è stato per noi, di venerdì pomeriggio, un annuncio di apertura di procedura di mobilità/licenziamenti collettivi, con la richiesta di chiudere un accordo entro il 31 dello stesso mese, ovvero in 14 giorni lavorativi, per motivi di budget.
Dopo neanche un’ora, era stato già convocato il primo incontro in Assolombarda per il lunedì successivo. Di fatto è partita una corsa contro il tempo con la necessità di non perdere di vista l’obiettivo: salvare il maggior numero di colleghi.

La nostra struttura italiana è organizzata su tre sedi principali, Milano, Roma e Torino e dunque la prima esigenza che si è sviluppata durante il week end, è stata quella di mettere immediatamente in opera attraverso le RSA un piano di comunicazione che informasse tutti i colleghi di quello che stava accadendo.
Ci è sembrato che informare e coinvolgere i colleghi fosse il primo obbligatorio passaggio negoziale: abbiamo dunque indetto assemblee a cui hanno partecipato più del 50% dei dirigenti, ben oltre quindi il numero impattato nella procedura. Da quel momento in poi, anche prendere un caffè alla macchinetta era diventata l’occasione per scambi di informazioni. Si formavano spontaneamente piccoli gruppi di colleghi tutti pronti a darci supporto, consigli, informazioni.
Innanzitutto era essenziale spiegare che, a seguito della nuova legge sui licenziamenti collettivi (30/10/2014 n. 161 Art. 16) e della riforma “Jobs Act”, si potevano ora stipulare accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore e al fine di conservare il posto di lavoro… (omissis).

La nuova situazione assegna importanza alla stipula di accordi generali, in cui inquadrare i singoli casi individuali, e nel contempo apre la possibilità di tutelare gli interessi di tutti i colleghi dirigenti, soprattutto nel caso che ne venga richiesto il demansionamento a quadro, così da trovare un equilibrio nel mantenimento di almeno alcuni dei benefits precedentemente acquisiti con il passaggio alla dirigenza.
Ci siamo preoccupati di far cogliere ai colleghi l’urgenza della situazione e di ottenere mandato diretto per una trattativa al meglio: abbiamo verbalizzato le discussioni ed i suggerimenti venuti dalle assemblee facendoli circolare a tutta la popolazione dirigenziale senza esclusioni, Direzione Generale compresa.
Era evidente che una resistenza di principio alle pesanti richieste aziendali non risultava praticabile e che, una volta in più, la dirigenza avrebbe dovuto farsi carico e conciliare tanto la difesa dei colleghi quanto la necessità di applicare razionalmente la nuova politica aziendale.
È stato essenziale partire dall’analisi professionale delle “cifre”, per evitare il rischio, sempre presente, che qualcuno “più realista del re” interpretasse la propria funzione in termini di “vittoria/sconfitta” tralasciando la razionale sostenibilità delle soluzioni adottate, con il risultato che alla fine avrebbero perso tutti .

Trovare una soluzione, all’inizio, non è stato facile, proprio perché apparentemente il dissenso verteva più sulle percezioni che sui dati oggettivi.
Il supporto delle esperienze e capacità negoziali di Federmanager, presente in forza e con tutte le sue principali articolazioni territoriali, è risultato essenziale, anche perché abbiamo potuto indirizzarlo con i risultati pervenuti dalle assemblee, così da rendere la negoziazione un processo per quanto possibile trasparente e condiviso.

In questo modo l’azienda stessa è stata messa in condizione di procedere verso il perfezionamento di un accordo che non ne pregiudicasse irreparabilmente il futuro produttivo, e che risultasse per quanto possibile sostenibile da tutte le parti: si è pervenuti ad una riduzione fino al dimezzamento dell’esubero inizialmente ipotizzato, predisponendo diverse fasce di misure, che comprendevano:
  1. accompagnamento alla pensione entro 3 anni;
  2. opzione donna con incentivo (prepensionamento agevolato);
  3. incentivazione all’esodo volontario (per tutta la popolazione dirigenziale), scaglionato per fasce di età;
  4. part time al 70% (3,5 gg lavorativi per settimana) con riduzione del 30% della retribuzione per pensionamenti entro il 31 dicembre 2021;
  5. decurtazione salariale con mantenimento del ruolo dirigenziale;
  6. dequalificazione con passaggio alla categoria di quadro e taglio retributivo.
Dopo la firma dell’accordo avvenuto il 29 marzo 2016 a mezzanotte, nei limiti dei tempi tecnici incomprimibili ma davvero pressanti, rimanevano poche ore per organizzare l’assemblea nelle sedi principali (la terza in due settimane) e procedere ad una ratifica referendaria, che ritenevamo necessaria, estesa a tutti i colleghi.

Ce l’abbiamo fatta: il 31 marzo alle 21,00 (dopo 24 ore dall’inizio) è stato chiuso il referendum al quale hanno risposto l’83% dei dirigenti e la percentuale di approvazione è stata dell’82%.

Il messaggio che era stato trasmesso dalle RSA, soprattutto a coloro che non si sentivano direttamente interessati da questa procedura, era quello di poter permettere ai colleghi coinvolti delle tre ultime fasce (d/e/f ) di scegliere la soluzione migliore per loro.

È stata una trattativa difficile, come sempre quando si negozia di esuberi, di uscite, di riduzioni: purtroppo questo è sempre più frequente nei tempi presenti. Tuttavia l’impegno delle RSA che, informate tempestivamente, hanno saputo coinvolgere tutti i colleghi e conquistarne il supporto, è risultato essenziale.

Ugualmente fondamentale il ruolo di supporto di Federmanager e la volontà congiunta di Direzione Aziendale ed Assolombarda che, con occhio attento al futuro, hanno saputo recepire le richieste venute dai colleghi.
Abbiamo evitato, e ne siamo soddisfatti, di portare la trattativa a livello ministeriale (al MISE): oggi possiamo pensare che probabilmente in quel luogo sarebbe stato più difficile raggiungere un risultato ugualmente soddisfacente.

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