Il Servizio Sanitario Nazionale ha bisogno di cure

Il sistema, una volta fiore all’occhiello della Nazione, arranca per motivi demografici, per scelte politiche e per un cattivo utilizzo da parte dei cittadini. Ciascuno deve fare la propria parte per preservarlo

Michele Carugi

Socio ALDAI, Consigliere Federmanager e componente del Comitato di Redazione Dirigenti Industria
Lo stato e le prospettive del sistema sanitario italiano sono causa di preoccupazione per moltissimi cittadini e oggetto di analisi, proteste e richieste da più parti. Vi sono alcune cause note che hanno messo sotto stress il nostro sistema, che è stato per decenni uno dei migliori network sanitari del mondo per qualità e diffusione.

I fattori che hanno contribuito al progressivo decadimento dei servizi sanitari sono numerosi, a partire dal panorama demografico che ha portato all’invecchiamento della popolazione con aumento delle esigenze di cure per cittadino e all’incremento delle malattie croniche.
A fronte dell’aumentata esigenza di prestazioni sanitarie, le risorse per esso disponibili, anziché aumentare sono diminuite; la politica ha per decenni preferito spendere in forme di assistenza clientelari mirate a fasce di elettorato ben precise anziché nel mantenimento del welfare sanitario; gli investimenti in attrezzature sono stati per molti anni insufficienti, al punto che oltre il 50% dei macchinari per uso medicale nel SSN sono obsoleti.

A parziale risanamento di questo, il PNRR, nella missione M6C2 prevede originariamente circa 4 miliardi di euro per l’ammodernamento, ma va anche rilevato che, a causa della revisione del PNRR chiesta dall’Italia e concessa dalla UE, quel piano di investimenti è slittato per il momento al giugno 2026. Va anche notato come, invece, l’accesso ai finanziamenti europei del MES sanitario sia stato inesplicabilmente rifiutato dagli ultimi Governi.

Ma non è solo la voce “attrezzature” a essere carente; gli organici sono insufficienti in tutte le loro articolazioni: il numero chiuso per gli accessi alle facoltà universitarie, in vigore dal 1999 e recentemente abolito, partendo dall’idea non sbagliata di non creare moltitudini di laureati in larga ridondanza alle possibilità di assorbimento del mondo del lavoro per le loro qualifiche, è stato evidentemente mal pianificato per le facoltà di medicina; non sono stati fatti correttamente i conti con il pensionamento dei moltissimi baby boomers medici, tutti in uscita tra il 2015 e il 2030.
All’insufficiente numero di medici e di infermieri laureati si aggiungono altri problemi che limitano il numero di coloro che optano per il SSN: il rapporto retribuzione/responsabilità assolutamente sfavorevole e l’assurdo livello di contenziosi legali aperti nei confronti dei medici scoraggiano l’esercizio della professione nella nostra Nazione; l’aggressione legale, particolarmente diffusa al Sud, è largamente immotivata, dato che il 99% delle denunce si conclude con il proscioglimento in istruttoria, ma costringe il personale sanitario a costose assicurazioni e spese legali; non c’è da stupirsi se molti medici sui quali il sistema educativo ha investito, decidono di esercitare all’estero. Questo problema è particolarmente grave per specifiche specializzazioni quali la chirurgia.

La somma di queste e altre cause sta progressivamente conducendo il sistema al collasso, che sarebbe già avvenuto senza il supporto della sanità privata convenzionata con il SSN, la quale, al netto di opinioni circa l’opportunità o meno di convenzionare privati, fornisce prestazioni aggiuntive.

Il livello della gravità della situazione lo danno la difficoltà di reperire medici di base, l’allungarsi dei tempi di attesa per visite ed esami – che, in molti casi non si misurano più neppure in mesi, ma in anni – e la saturazione dei Pronto Soccorso. Va detto che anche gli utenti contribuiscono per la loro parte a complicare una situazione già critica; limitandosi alla sola Lombardia, nel 2023 ci sono stati 19 milioni di prestazioni non erogate e perdute per il così detto “no show”, vale a dire per persone che non si sono presentate all’appuntamento prenotato oppure lo hanno disdetto troppo tardi per consentire di utilizzare quella macchina o quello specialista per un altro utente. Poiché le prestazioni erogate in Lombardia sono state circa 147 milioni e i cittadini lombardi sono circa 10 milioni, si possono fare due considerazioni: il SSN lombardo avrebbe potuto quantomeno ridurre le liste di attesa erogando il 13% di prestazioni in più e in media ogni cittadino lombardo ha prenotato due visite o esami senza poi presentarsi. Per i Pronto Soccorso, invece, il problema è opposto, cioè si presentano troppe persone che non dovrebbero; sul territorio nazionale nel 2023 ci sono stati circa 18 milioni di accessi ai PS, dei quali circa 12 milioni erano codici bianchi (nessuna urgenza, il paziente non necessita del Pronto Soccorso e può rivolgersi al proprio medico) o codici verdi (poco critico, assenza di rischi evolutivi, prestazioni differibili). Tra questi 12 milioni di accessi, 4 milioni sono stati quindi considerati “impropri”, cioè pazienti con disturbi generici da sottoporre, eventualmente, al proprio medico di base.

Come si vede, il problema del progressivo decadimento del Servizio Sanitario Nazionale ha molte sfaccettature e richiede quindi interventi e impegno da parte di molti attori diversi, tra i quali anche noi utenti possiamo e dobbiamo fare la nostra parte utilizzandolo correttamente.

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