L’assistenza domiciliare agli anziani nel “Decreto Rilancio”

Doveroso il raddoppio dei fondi a sostegno di una categoria sociale non sempre tenuta nella necessaria considerazione. Il nostro sostegno a una battaglia di civiltà.

Mino Schianchi

Presidente Comitato Nazionale di Coordinamento dei Gruppi Pensionati e Vicepresidente ALDAI-Federmanager
La tragedia del Covid-19 ha acceso una nuova luce sul welfare territoriale, del quale i servizi domiciliari costituiscono una componente cruciale. È opinione condivisa che una presenza più solida del welfare pubblico nel territorio avrebbe consentito di contrastare meglio il Covid-19 e avrebbe permesso di prevenire il diffondersi della pandemia.

Il rinnovato interesse nei confronti del ruolo fondamentale che i servizi territoriali devono svolgere in un moderno sistema di protezione sociale si è tradotto nei cospicui stanziamenti dedicati al settore dal recente “Decreto “Rilancio”: il più cospicuo consiste nei 734 milioni di euro destinati all’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), di titolarità delle Asl, che costituisce il più diffuso servizio pubblico a casa degli anziani non autosufficienti in Italia.

Come sottolineano i ricercatori: Cristiano Gori (Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento e Network Non Autosufficienza), Marco Trabucchi (Associazione Italiana di Psicogeriatria, Gruppo di Ricerca Geriatrica, Brescia e Network Non Autosufficienza) nel loro articolo “Domiciliarità: più fondi non bastano senza una nuova progettualità” il finanziamento risolve solo parte del problema dell’assistenza domiciliare degli anziani restano alcuni aspetti critici nei modelli di intervento.

L’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), offre, in prevalenza, interventi di natura infermieristico-medica, intesi come singole prestazioni che rispondono a determinate necessità sanitarie, sovente in assenza di una presa in carico legata alla condizione di non autosufficienza dell’anziano. Tale assistenza è guidata dalla logica della risposta a singole patologie, e non da quella del sostegno alla non autosufficienza fondato su uno sguardo complessivo della condizione della persona e dei suoi molteplici fattori di fragilità.

Il più rilevante profilo degli anziani non autosufficienti, la demenza, fatica a trovare adeguate risposte dai servizi domiciliari. La demenza richiede servizi capaci di seguire le famiglie a 360 gradi mentre le prestazioni “slegate” tra loro non vi riescono. Per meglio soddisfare i bisogni degli anziani non autosufficienti l’Assistenza Domiciliare Integrata dovrebbe, assieme alla situazione dell’anziano, prendere in considerazione anche la sua famiglia per rispondere a situazioni la cui complessità non dipende solo dalle condizioni problematiche dell’anziano ma che sono legate a reti familiari carenti e a ridotte risorse economiche. 

Grazie ai finanziamenti del “Decreto Rilancio” un maggior numero di anziani verrà seguito a casa. Resta comunque la necessità di ripensare l’organizzazione dei servizi di assistenza domiciliare per rendere più adeguate le risposte alla non autosufficienza. Resta l’obiettivo di sostenere e ampliare il lavoro “in chiaro”, a veri professionisti del settore del "caregiving" come abbiamo sostenuto in questa Rivista, in un nostro precedente articolo (V. Invecchiamento: dall’assistenza familiare all’assistenza professionale, aprile 2020). 

È una battaglia di civiltà, che sosteniamo come contributo a tutte le provvidenze e iniziative che rendono effettiva e meno precaria l’assistenza alle persone anziane, nel quotidiano come negli eventi drammatici che tuttora stiamo vivendo. 
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