Dobbiamo ripartire, e la sfida è reinventarsi
Editoriale "Dirigenti nordest" dedicato all'etica, innovazione, green, digitale e passione per un rilancio del Nordest italiano.
Daniele Damele
Presidente Federmanager Friuli Venezia Giulia
Sono questi i giorni della ripartenza. Dopo il decennio di crisi 2008/2018 (sembra passato un tempo molto più lungo di soli tre anni), la terribile pandemia da Covid 19 (non ancora debellata), la recessione economica in atto e, sullo sfondo, le nere previsioni legate al cambiamento climatico è adesso il momento di ripartire. Lo dobbiamo a noi stessi, ma ancor di più ai nostri figli e nipoti.
La sfida è quella del reinventarsi. Dobbiamo tendere a cercare di migliorare costantemente, ideare nuovi processi, testare nuove tecnologie all’insegna dell’innovazione, guardare agli altri mercati (Usa e Cina in primis), analizzare le esperienze vincenti di manager e imprenditori in giro nel mondo.
Con il Covid è cambiato tutto e nulla sarà più come prima. Abbiamo dovuto reinventare obbligatoriamente il modo di fare le cose, tutte le cose. Abbiamo modificato l’organizzazione del lavoro al fine di far procedere quanto più possibile a distanza. Abbiamo adottato lo smart working passando (con un ruolo determinante dei manager) dallo “stare” in ufficio al “fare” da casa.
Reinventarci abbiamo capito che significa trovare nuove strade, percorsi innovativi senza far venir meno l’energia che ognuno di noi ha dentro.
Abbiamo visto e capito che possiamo fare riunioni anche on line e i convegni sono divenuti webinar. Trovarsi attorno a un tavolo è passato a essere quasi un privilegio riservato a quando realmente necessario. Ciò, però, non ha impedito di sentirsi parte di un gruppo.
Il professor Alberto Felice De Toni, già Presidente della Conferenza italiana dei Rettori delle Università italiane, ha dichiarato che il futuro appartiene a chi sa immaginarlo”. È una parola fantastica: “immaginare”, eppure la persona vincente è tale perché ha immaginato prima di altri qualcosa. Immaginare oggi il futuro non è certamente facile e molte energie sono giustamente orientate al presente senza il quale non è ipotizzabile progettare il futuro.
Credo, però, che lo sforzo di tutti debba essere proprio questo: rendere possibile immaginare il domani.
Come fare? Con creatività coinvolgendo le persone, superando pregiudizi, vecchi schemi e steccati, puntando all’etica della responsabilità con passione sapendo che il futuro sarà green e digitale.
Lasciamo perdere, quindi, e del tutto, giudizi riportati da altri basati, magari, su fatti che non conosciamo, facciamoci le nostre idee in maniera genuina, diciamo no ai pseudo leoni da tastiera, a illazioni e insinuazioni o peggio ancora alle fake news. Sì invece a meritocrazia e creatività. E permettiamoci di pensare in grande, a un Nordest italiano che guarda al 2030 e al 2040 con coraggio conscio di poter tornare a essere la locomotiva dell’Italia.
Dobbiamo conoscerci tutti meglio, guardarci dentro comprendere come sviluppare al meglio le nostre passioni, accettare i nostri limiti, incentivare le competenze attraverso una formazione professionale costante e coerente col mondo cha cambia. Dobbiamo saper scegliere le esperienze giuste per noi e i nostri giovani di cui dobbiamo occuparci adesso.
L’Italia è il Paese dell’Ocse in cui la differenza tra la spesa pensionistica e quelle per istruzione e formazione è la più marcata. Ciò non significa minimamente che occorre diminuire la spesa pensionistica (meritatissimo traguardo), ma aumentare i fondi per istruzione, università, formazione sì. La stessa politica dovrebbe (anche se è difficilissimo) essere maggiormente proiettata a grandi investimenti per bambini e ragazzi piuttosto che a promesse e progetti a breve termine basati su sensazioni di aumento del gradimento nei sondaggi. Lo so, i minorenni non rispondono ai sondaggi e non votano, ma i loro genitori e i loro nonni sì e se hanno a cuore il futuro dei loro discendenti non potranno far altro che apprezzare dette scelte.
Etico è pensare agli adulti di domani, alla prospettiva, venuta meno sin dagli anni ’90.
Il Nordest è abituato ai sacrifici. L’attuale generazione si deve accollare il debito costruito dagli over 65 nella Prima Repubblica e poi col ventennio Prodi/Berlusconi (circa dieci anni a testa). Un debito aumentato a dismisura col Covid. Oggi abbiamo la sfida del PNRR che potrà portare benefici immediati, ma soprattutto duraturi nel tempo.
Il Nordest italiano ha le carte in regola e il diritto sacrosanto di sperare in un futuro migliore basato su un operoso benessere.
Editoriale Dirigenti nordest
01 luglio 2021