Coronavirus: a rischio la continuità operativa
Si cerca di arginare l'epidemia, per evitare che diventi pandemia, diffondendosi in altri Paesi. A rischio non è solo la salute dei cinesi e nostra, c'è da considerare l'impatto sui flussi turistici e la carenza di componenti delle fabbriche ferme in Cina che imporrà nuove strategie per assicurare continuità operativa alle imprese al fine di evitare crisi e perdite di posti di lavoro.
Franco Del Vecchio
Segretario CIDA Lombardia - lombardia@cida.it
L'economia globale ha favorito la delocalizzazione delle produzioni in altri Paesi e molte imprese italiane producono o acquistano componenti fabbricati in Cina e nei Paesi con a condizioni competitive. I prodotti sono sempre più complessi e composti da migliaia di componenti che provengono da filiere produttive globali e interconnesse. Basta pensare al settore automotive e alla telefonia per capire quanto dipendiamo dalla Cina.
Nessuno vuole pagare il costi dei magazzini e le produzioni "Just in time" hanno ridotto e annullato le scorte per rispondere alla volatilità della domanda di mercato: allargamento della gamma dei prodotti e variazione delle quantità richieste dal mercato.
Il sistema produttivo globale rischia però di andare in "Tilt" per un virus che blocca la produzione di un componente in Cina e non se ne trovano a magazzino. Se manca un pezzo si blocca tutto.
Bisogna correre ai ripari per far fronte ai problemi contingenti trovando prodotti alternativi o equivalenti subito disponibili. La soluzione potrebbe costare cara in termini di redditività dell'azienda, fiducia dei clienti, qualità dei prodotti e bisognerà pensare alle strategie per prevenire in futuro analoghe situazioni di shortage dei prodotti.
Bisognerà pensare a diversificare le delocalizzazioni in più Paesi e aumentare la lista dei fornitori degli stessi componenti. Bisognerà valutare il "reshoring", cioè il rientro in Italia di attività produttive non più così convenienti come in passato e ad alto rischio per la continuità operativa. Se il "reshoring" fosse economicamente non sostenibile bisognerà almeno creare le condizioni per allestire rapidamente nelle vicinanze le linee produttive di "back up" per far fronte alle emergenze.
Ma guarda cosa può creare un virus.
Un sistema sociale apparentemente quasi perfetto può entrare in crisi per un virus dall'altra parte del mondo. Questa situazione mi fa pensare quando guardo i TG che elencano i decessi in tutto il mondo e i rischi per la salute di oggi; quel vivere alla giornata senza pianificazione, senza considerare le iniziative per prevenire i problemi per colo che sopravviveranno. Naturalmente facendo tutto il necessario per assicurare che siano il più alto numero possibile.
Dobbiamo reagire e non farci condizionare
In Italia ogni anno si ammala circa il 9% (da un minimo di 5% ad un massimo di 15%) delle persone (5 Milioni) di influenza, con lo 0,1% di tasso di mortalità, concentrata sugli anziani. Il coronavirus ha un tasso di mortalità dello 0,4%, ma in Italia siamo oltre l'8%, anch'esso concentrato sugli anziani. Al momento abbiamo alcune centinaia di infettati noti, non milioni, e quindi le misure sono finalizzate ad evitare la diffusione del virus.
Evitiamo di favorire il contagio, ma con altrettanta determinazione e responsabilità evitiamo di compromettere l'economia, già a rischio recessione, e il futuro del Paese. Cerchiamo di reagire.
11 febbraio 2020