Perequazione 2024 una stangata
Assalto al ceto medio
Antonio Pesante
Federmanager FVG e componente del Comitato Nazionale Pensionati
La variazione è stata determinata nella
misura del 5,4% e verrà presa come base
per il calcolo dell’adeguamento retributivo
delle pensioni (perequazione) erogate dal
1° gennaio 2024.
Il dato è provvisorio,
salvo conguaglio da stabilirsi a fine novembre 2025.
Il Governo, nella fase della determinazione
della legge di bilancio 2024, ha introdotto
un meccanismo di rivalutazione delle pensioni maggiormente penalizzante e iniquo,
rispetto a quanto aveva stabilito nel 2023.
Nella legge di bilancio del 2023 era stato determinato un taglio della rivalutazione, che per la fascia oltre 10 volte il trattamento minimo arrivava al 32%. Questo era previsto sia per il 2023 che per il 2024.
Tale provvedimento ha determinato per il 2023 un risparmio di cassa, per il governo, di circa 3,5 miliardi di euro lordi.
Risorse sottratte a pensionati con trattamenti di medio e medio/alto valore, che hanno versato ingenti contributi durante tutta la loro vita lavorativa. In occasione della legge di bilancio 2024 il governo, avendo avuto bisogno di risorse suppletive, si è rivolto di nuovo ai pensionati medio e medio/alti, usandoli come un bancomat, peggioramento addirittura del 10% quanto stabilito nel 2023.
Ha portando così al 22% la rideterminazione percentuale della percentuale perequativa del 5,4%. Questo indicibile taglio, per il 2024, ha portato a un risparmio di cassa di circa 6 miliardi.
Come per il 2023 la rivalutazione viene applicata sul trattamento complessivo della pensione e non per fasce progressive, peggiorandone così la sua applicazione.
Sono più di venti anni che in un modo o nell’altro, per ben nove volte, chi è al governo, che sia di destra, di sinistra o un tecnico, attacca le pensioni del ceto medio.
Se fino al 2022 il danno derivante, anche
se inaccettabile, era limitato, data l’inflazione bassa, ultimamente, oltre a essere
percentualmente fuori di ogni termine,
riveste una notevole importanza in termini
di valore, dato che ancora l’inflazione non
accenna a diminuire.
Siamo tutti consci del momento di crisi economica/finanziaria in cui si trova il nostro paese, stretto tra problemi di inflazione, costi
elevati delle materie prime ed energetiche,
guerra in Ucraina e non ultimo dall’enorme
valore del nostro debito pubblico.
La scelta però fatta dal governo, di aumentare le pensioni minime e concedere la
perequazione al 100% fino a quattro volte il minimo pensionistico, finanziando tale costo con un notevole taglio a tutte le
pensioni medie o medio/alte, secondo noi
è una grave decisione anticostituzionale.
Sostenere giustamente una categoria debole economicamente si chiama assistenza, che secondo noi deve essere decisa tramite l’unico sistema progressivo universale
che è l’IRPEF, non da una singola categoria.
Questo è il motivo per il quale da molti anni proponiamo alla politica la separazione,
sui conti dell’INPS, tra costi per le pensioni
e quelli per l’assistenza.
Tale separazione
oltre a dar la possibilità di tenere sotto controllo i costi dell’assistenza, farebbe scendere la spesa pensionistica dal 16,5% del
PIL al 12,8%, quasi in linea con la media
europea del 12,4%, risparmiandoci così
rimbrotti e sanzioni da parte dell’Europa,
come riportato nell’ultimo Rapporto sul bilancio previdenziale presentato recentemente da Alberto Brambilla.
In difesa della categoria Federmanager e CIDA, oltre ai ricorsi giudiziari già presentati, ha lanciato una petizione “salviamo il ceto medio” che prevede di portare al più presto 50.000 firme all’attenzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Governo, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dello sviluppo economico.
Altre azioni sono state avviate, quali: pubblicazioni, articoli e convegni in merito.
15 febbraio 2024