Ecosistemi collaborativi
Le tecnologie e il contesto sociale stanno modificando l'organizzazione del lavoro.
Nicolò Boggian
Managing Partner, Black Tie Professional
Diritto del lavoro, organizzazione e tecnologia si sono saldati negli ultimi 50 anni in un modello organizzativo definito spesso fordista, con le sue varianti funzionali divisionali o a matrice.
Spesso la rigidità di questo modello, e la sua difficoltà a cambiare e a innovare, è stata mitigata dalla possibilità di esternalizzare funzioni e attività ad organizzazioni esterne.
Ogni attività è quindi gestita con il tradizionale modello del “make or buy”.
Se un attività non è “core” per l’azienda e il costo per l’acquisto non è proibitivo si preferisce esternalizzare le attività, soprattutto se si hanno problemi a reperire le competenze per realizzarla internamente.
In momenti di frequente cambiamento tecnologico la difficoltà di far evolvere le competenze della propria workforce porta quindi a rivolgersi “all’esterno” per comprare il servizio necessario. Questa scelta può funzionare in modo episodico, ma diventa pericolosa se costante.
Questo per tre motivi:
- il know how su cui si basa il funzionamento dell’azienda non è in diretto controllo e si rischia che la propria workforce non possa far evolvere il proprio capitale intellettuale e mantenerlo aggiornato, anzi spesso si accumula un ritardo pesante,
- la capacity del servizio da cui si dipende non può essere agevolmente modificata o aumentata a piacere in modo flessibile. Questo limita le scelte strategiche e competitive dell’azienda,
- i fornitori applicano un mark up tanto più grande quanto è il peso politico nei confronti del cliente rendendo l’esternalizzazione non così efficiente dal punto di vista economico. A volte questi problemi diventano talmente strutturali e incomprimibili da richiedere di essere colmati addirittura con un'acquisizione.
Si profila invece una nuova possibilità, ormai percorsa con grande successo dai colossi del tech che in questo modo apprendono velocemente e diventano competitivi in settori sempre nuovi, andando a superare in quei contesti aziende ben più radicate.
Questa strada consiste nella costruzione di ecosistemi collaborativi, governati tramite piattaforme, totalmente alternativi allo schema “make or buy”.
Questo nuovo modello permette infatti sia di ridurre al massimo i costi fissi e la rigidità sia di trattenere il know how, il controllo strategico e l’economicità necessari.
In un ecosistema infatti la proprietà intellettuale può essere gestita di volta in volta valutando se conviene acquisirla o meno. La capacity può essere manovrata più agevolmente in modo fluido aumentando o diminuendo l’investimento e favorendo la collaborazione fra gli stessi fornitori e freelance. I costi di coordinamento diminuiscono nettamente e possono essere agevolmente separati dai costi di gestione dei progetti, stabilendo su cosa effettivamente investire (ad esempio: le competenze, il coordinamento, l’incentivo al successo dell’operazione). Infine proliferano opportunità di revenues secondarie e sinergiche.
Questi sistemi raggiungono altissimi livelli di produttività, innovazione e flessibilità senza penalizzare il controllo e senza aumento dei rischi.
Ogni euro speso dall’azienda che li gestisce viene moltiplicato e alimenta un sistema in cui gli stessi soggetti immersi nell’ecosistema possono trovare una condizione vantaggiosa. Certo lavorare in un ecosistema non ti consente di ripararti dalla concorrenza, ma può darti degli incentivi chiari e prevedibili.
Chi li progetta però deve avere una vista più ampia di quella necessaria alla tradizionale gestione aziendale, imparando a governarli con un mix di tecnologia, incentivi e regole.
La competizione del tutti contro tutti diventa una collaborazione di tutti con tutti o quasi tutti.
Due esempi emblematici www.digitalworkcity.com e www.smartworkingaccelerator.com
La produzione di valore diventa così grande da ricompensare la costruzione del modello e i costi di transizione, superando i limiti che scontentano stakeholder interni ed esterni (pensiamo alle gare d’appalto o alla burocrazia dell'albo fornitori)
Il futuro è degli ecosistemi. Se non li stai costruendo preparati a navigarci dentro.
01 dicembre 2020