Meritometro 2020: Italia fanalino di coda

Nell’Europa in crisi pandemica peggiora la qualità del sistema educativo

Giorgio Neglia      

Consigliere Forum della Meritocrazia e Responsabile Meritometro
I risultati del quinto anno di rilevazioni del Meritometro - strumento di misurazione del merito nei Paesi europei, messo a punto dal Forum della Meritocrazia con la collaborazione dell’Università Cattolica di Milano - giungono nel momento in cui ci si interroga sulle priorità e sulle risorse da destinare (in modo meritocratico?) per far fronte a drammatici effetti della crisi pandemica.

Il Meritometro è basato su 7 criteri di valutazione: libertà, pari opportunità, trasparenza, regole, mobilità sociale, attrattività dei talenti e sistema educativo. Maggiori informazioni sul sistema di misurazione del merito cliccando "Meritometro"
 
Nel ranking 2020 - presentato in occasione della IV Giornata Nazionale del Merito - si consolida la predominanza dei Paesi del nord Europa. In classifica svettano i Paesi scandinavi (Finlandia, Svezia, Danimarca e Norvegia) seguiti dai Paesi “virtuosi” (Olanda, Germania, Gran Bretagna, Austria e Francia) che tuttavia - in alcuni casi - registrano performance in decremento. 

In coda si evidenziano miglioramenti per Polonia e Spagna, mentre l’Italia resta ferma sui valori dello scorso anno. 

Il principale trend da segnalare a livello comunitario è il peggioramento delle performance relative alla qualità del sistema educativo (anche in Germania), risultato particolarmente critico a fronte delle strategie europee sull’education. 
In questo quadro, l’’Italia, con un punteggio di 24.13, si conferma maglia nera, sia nel ranking complessivo, sia sui singoli pilastri. Con oltre 10 punti di distacco dalla Spagna, penultima in classica, e oltre 40 dalla prima (la Finlandia), il nostro Paese registra i maggiori gap sui pilastri trasparenza, libertà e qualità del sistema educativo.
  
Positivo il risultato sulle pari opportunità, grazie a una riduzione dei giovani NEET che, purtroppo, restano ancora su livelli doppi rispetto alla media UE. Stabile il dato sulla partecipazione delle donne alle posizioni di vertice dell’economia e della società. Lievi incrementi sul fronte delle regole e della trasparenza, pilastri per i quali negli ultimi anni si sono rilevati risultati costantemente positivi, sebbene con variazioni contenute in termini assoluti. 

Peggiora sensibilmente, anche per noi, la “qualità del sistema educativo” a causa dell’andamento negativo dei test PISA e di incrementi negli altri indicatori (tassi di abbandono scolastico e di partecipazione all’educazione terziaria) al di sotto delle medie degli altri Paesi. 

I risultati del pilastro “libertà economica e alle opportunità sociali” segnano il passo, anche in questo caso in funzione di incrementi al di sotto della media comunitaria. 

Siamo ultimi anche in termini di mobilità sociale. A quantificare la zavorra che impedisce al nostro ascensore sociale di funzionare al meglio ci pensa il World Economic Forum che, nel “Global Social Mobility Report”, posiziona l’Italia in 34a posizione nella classifica mondiale e all’ultimo posto tra i Paesi industrializzati, a causa della mancanza di “diversità sociale” nelle scuole. Torna, quindi, ad essere evidente l’esigenza di investire sul sistema educativo per favorire l’aumento delle opportunità di accesso all’istruzione di qualità per le fasce di popolazione più svantaggiate. 

Il tema dei sistemi educativi ricorre anche sul fronte dell’attrattività per i talenti. Il Global Talent Competitive Index dell’Insead ci ricorda che la capacità di attrarre i talenti dell'Italia è ostacolata da prestazioni poco brillanti nella qualità dei sistemi educativi (a tutti i livelli) e dalla scarsa apertura del sistema economico e sociale all’ingresso e allo sviluppo dei giovani talenti.
Il Meritometro 2020 tratteggia, quindi, un Paese fermo anche sul fronte della meritocrazia. Pur in questa stasi, qualcosa si muove, ma troppo lentamente (si vedano i risultati sulle pari opportunità). Negli ultimi cinque anni le nostre performance sono aumentate di meno di un punto percentuale, inchiodandoci all’ultima posizione in classifica. Un incremento troppo marginale per permetterci di recuperare i nostri storici gap. Servono, invece, scelte coraggiose e investimenti mirati da indirizzare prioritariamente su quei pilastri (in primis l’education) in grado di generare innovazione e crescita.

Ma, curiosamente, proprio in questo periodo emergenziale, si moltiplicano gli attacchi al merito. La retorica anti-meritocratica - che trova spazio anche su importanti quotidiani nazionali - in buona sostanza, individua nel merito la principale causa di diseguaglianze crescenti nell’economia e nella società. Niente di più lontano dalla realtà. L’Italia è intrappolata in una melassa “mediocratica” che penalizza i migliori, che alla fine emigrano, e non garantisce pari opportunità, proprio perché i meccanismi di promozione sociale prevalenti sono le relazioni e l’appartenenza piuttosto che il merito e la competenza. E i numeri sono lì a dimostralo. Il ranking dei Paesi meritocratici è, infatti, perfettamente sovrapponibile a quello dei Paesi caratterizzati da migliori performance in termini di benessere, pari opportunità, sostenibilità, sicurezza, misurati dal Better Life Index di OCSE.

Mai come in questa fase nella quale si definiscono piani per supportare la ripresa, è necessario usare le ingenti risorse e le idee a disposizione per rendere il nostro Paese più giusto, agendo - in modo meritocratico - sulla qualità delle sue infrastrutture fondamentali. Tra queste - in primis - la scuola, la giustizia, l’efficienza della macchina burocratica, le regole e la trasparenza. L’approccio corretto è quello di unire a queste policy un’indispensabile azione dal basso per diffondere concretamente il merito nelle organizzazioni pubbliche e private, nonché nella scuola e nell’università dove si forma la cultura meritocratica dei cittadini del domani. Con questo approccio “a tenaglia” potremo garantire condizioni di vita e lavoro migliori a tutti e, in particolare, ai nostri giovani.

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