Parità di genere: ecco le proposte concrete che alcune executive manager-donne nel mondo suggeriscono all’Italia!

Il tema della diversity è uno dei più in voga al momento. Anche Federmanager infatti ha riservato di recente all’argomento parecchi webinar e round-table molto interessanti

Sara Cattaneo

Global Procurement Manager  ABB - Socia ALDAI-Federmanager e membro del comitato di redazione 

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Ma perché se ne parla così tanto proprio adesso?

Probabilmente perché, nonostante fosse un tema di grande attualità già da qualche anno, purtroppo la pandemia ha evidenziato ulteriormente le criticità legate al lavoro femminile, solitamente calato in un contesto familiare complesso da gestire per qualsiasi tipologia di lavoratrice donna. Inoltre si è generato parecchio sconcerto intorno alle statistiche occupazionali relative all’infausto anno 2020: secondo l’Istat infatti il fenomeno della perdita del lavoro ha colpito soprattutto le donne (si parla soprattutto di contratti a termine, part-time, lavoro autonomo, ecc).
Diamo un’occhiata più nello specifico alla situazione delle Donne Dirigenti in Italia: secondo un’analisi dell’INPS a riguardo, del 2018, solo il 18% dei dirigenti del settore privato in Italia è Donna.
Tutta questa situazione ha pertanto portato una forte attenzione sul tema, tanto da parlare di fondi destinati alla parità di genere anche in merito al Recovery Fund. Non sprechiamo quindi quest’opportunità! Cerchiamo di identificare soluzioni concrete che possano migliorare la situazione delle Donne Manager italiane; per questo ho chiesto un’opinione ad alcune manager executive di multinazionali, residenti in altri Paesi, che possano offrire spunti di riflessioni a cui l’Italia potrebbe ispirarsi.

Angela Qu (Chief Procurement Officer Lufthansa Group)

Angela è una Senior Vice President, che ha sviluppato il proprio background culturale e professionale tra Cina ed Europa; dopo diversi anni in Svizzera, ora risiede in Germania. In passato è stata promotrice di programmi orientati allo sviluppo dei talenti femminili in ambienti multinazionali.
Paesi a confronto
Angela mi ha raccontato di come la cultura cinese sia basata su una visione totalmente paritaria tra uomo e donna, in quanto “entrambi sorreggono in egual modo il Paradiso sopra di noi”.
Questa cultura si traduce praticamente nel supporto che il governo/le aziende danno alle lavoratrici sotto forma di care-system, ovvero infrastrutture/asili direttamente creati all’interno dell’ambiente lavorativo, atti ad aiutare la donna nel conciliare i vari aspetti della propria vita.
Totalmente diversa la cultura che invece ha trovato in Europa, anche in quella Germania - che da anni è guidata da una leader donna - e che, nonostante questo, sembra posizionarsi non troppo bene nelle classifiche europee legate al tema Diversity. La Germania infatti pare avere ancora molta strada da fare in merito allo sviluppo del lavoro femminile, e sta muovendo proprio ora i primi passi nella direzione giusta, attraverso - per esempio - l’introduzione a fine 2020 di normative che impongono alle aziende quotate di avere almeno il 30% di donne all’interno dell’executive committee (una norma simile alle “famose quote-rosa italiane) o attraverso un’adozione massiva dello Smart Working a cui la pandemia ci ha tanto abituati, che consente una maggiore flessibilità.

Pregiudizi e cambiamento culturale
Angela è altresì convinta che un ruolo importante sia ancora giocato dagli stereotipi. 
Gli uomini, che ancora rappresentano innegabilmente la maggior parte della classe dirigente, spesso tendono a cercare nei collaboratori caratteristiche simili alle proprie… pertanto le donne con uno stile troppo “gentile” rischiano di venire sottovalutate, mentre d’altra parte quelle che accentuano la propria leadership, uscendo un po' dagli schemi tipicamente femminili, rischiano di risultare “aggressive” e quasi “sgradevoli”. Le aziende quindi devono farsi promotrici di un cambiamento culturale, volto all’accettazione delle differenze attitudinali di uomini e donne, che complementandosi a vicenda possono rappresentare un valore aggiunto. Nella selezione del personale, inoltre, lei suggerisce di tenere sempre in considerazione il fatto che le donne spesso tendano quasi a sminuire il proprio CV/i propri traguardi, ad avere delle possibili remore nel mostrarsi ambiziose, e vadano perfino esortate a parlare dei propri obiettivi di carriera; d’altra parte, invece, gli uomini, così determinati e apparentemente consapevoli, di solito si presentano bene e non timorosi di candidarsi per ruoli che consentano un avanzamento di carriera. Queste dinamiche, se non considerate, possono risultare quindi molto fuorvianti nella selezione del giusto candidato.
Programmi aziendali di executive-presence
Angela è stata promotrice in prima persona dell’avvio di programmi di sviluppo per Female Talent all’interno di multinazionali, volti sì alla creazione del cambiamento culturale che citavamo pocanzi, ma anche al rafforzamento delle doti di leadership ed executive-presence femminile. Capita spesso infatti che professioniste di alto potenziale, per i motivi più disparati, caratteriali o culturali dell’ambiente in cui sono cresciute, manchino di un po' di self-confidence, e questo purtroppo finisce con l’indebolire la loro efficacia comunicativa. Questi programmi sono mirati proprio al rafforzamento della propria self-confidence e della propria immagine; mi ha raccontato di alcuni esempi di donne che vi hanno partecipato traendone grandi benefici. Secondo Angela, infatti, alle donne non serve insegnare come crescere nel proprio percorso (a patto che sappiano quello che vogliono raggiungere), ma serve solo fornire loro i giusti mezzi per brillare al meglio! 
Il consiglio di Angela? 
“Prima di tutto abbi chiaro quello che vuoi raggiungere nella vita, e poi sii audace e sii te stessa!”

Teresa Hitchings (Executive Operations Leader- Eastern Europe & ROW – ELSB ABB)

Teresa ha ricoperto vari ruoli executive in multinazionali importanti e in aree solitamente a gestione maschile come l’Operations e il Manufacturing; di origini britanniche, oggi risiede a Budapest.
Paesi a confronto
Guardando nuovamente alle statistiche, il Regno Unito sembra ben posizionato in merito alle pari opportunità. 
Ho chiesto quindi a Teresa in che modo secondo lei la Gran Bretagna si fosse differenziata dagli altri Paesi europei. Mi ha raccontato di come la situazione in realtà non fosse ancora così rosea quando ha iniziato la propria carriera, durante gli anni ’90. E’ altresì vero che proprio in quel periodo (a cavallo tra anni ’90 e 2000), la Gran Bretagna ha iniziato a porre una grande enfasi sul ruolo delle donne anche in ambiti Operations e Technology, promuovendo tra le aziende la differenza di genere come un importante valore, da cui far nascere confronti costruttivi che potessero tramutarsi in spunti di riflessioni e idee, utili allo sviluppo stesso del business.
D’altra parte la Gran Bretagna ha condotto in modo esemplare una campagna di cambiamento culturale anche direttamente nelle scuole, volto alle giovani donne, attraverso la promozione delle cosiddette lauree STEM (come ad esempio Ingegneria) e sviluppando una mentalità aperta alla crescita delle donne in posizioni manageriali.
Donne a supporto delle donne
Teresa crede molto nel fatto che nessuno meglio delle donne manager possa essere un valido promoter della battaglia per la parità di genere, e possa supportare lo sviluppo e la crescita professionale delle altre donne, di cui più di chiunque altro probabilmente possono riconoscerne il potenziale e il talento. Ciò non vuole assolutamente favorire le donne “a prescindere”, o significare che meritino un ruolo in pura virtù della diversity, ma significa che bisogna combattere per la parità di opportunità, per una valutazione quantomeno oggettiva durante un processo di selezione.
Il consiglio di Teresa? “Credi di più in te stessa, e abbi il coraggio di far sentire la tua voce!”

Isabel deMars (Global Sourcing Process Excelllence Leader)

Isabel ha ricoperto svariati ruoli globali in diverse multinazionali, sia americane che europee; risiede in South-Carolina (USA).
Paesi a confronto 
Secondo un’analisi del GlobeWomen Research negli Stati Uniti sono oltre il 28% le donne presenti nei CdA delle aziende quotate; indicativo è il fatto che questo risultato sembri derivare da un percorso organico, senza l’introduzione di norme specifiche per le quote-rosa negli executive-committee (che potrebbero rappresentare il prossimo passo per un ulteriore sviluppo).
Isabel mi ha raccontato che le statistiche mostrano un mercato del lavoro statunitense ormai molto femminile, anche in aree e ruoli tipicamente dominati dalla presenza maschile in passato.
È evidente quindi il percorso di cambiamento culturale che gli USA hanno iniziato ormai anni fa, costruendo un tessuto sociale sempre più aperto alle pari opportunità (basti pensare al nuovo Vice-Presidente donna).
Io stessa ho conosciuto donne statunitensi manager e neo-mamme, che sono rientrate al lavoro qualche tempo dopo il parto, affidando la gestione del neonato/a al marito, senza per questo suscitare troppo sgomento tra amici e parenti; d’altra parte lasciatemi citare di come nei bagni pubblici maschili di molti Stati americani si possa trovare il fasciatoio per neonati.
In molti Stati inoltre sono state introdotte delle norme a supporto di varie categorie minoritarie (per esempio incentivi al raggiungimento di quote minime di business con aziende possedute da Donne) e a supporto della parità salariale.
Punti di sviluppo
Anche Isabel torna sul discorso della self-confidence, che in molti casi le donne sembrano dover migliorare, così come la capacità di accettare i propri errori, al fine di trarne lezioni preziose da cui imparare, senza minare troppo la propria autostima. Come Angela crede che ognuno debba riconoscere e trarre vantaggio dalle peculiarità del proprio stile di leadership, senza doversi per forza allineare al modello maschile, che si basa su caratteristiche e attitudini completamente diverse.  
Il consiglio di Isabel? “Resta fedele ai tuoi valori!”

Riassumendo quindi, le principali sfide delle donne managers sembrano essere:

  • impegni famigliari
  • pregiudizi/stereotipi
  • mancanza di self-confidence/self-branding

E le principali soluzioni identificate:

  1. politiche di welfare mirate (infrastrutture adeguate, asili negli ambienti di lavoro, sussidi per aiuti esterni, ecc); 
  2. norme governative che impongano quote rosa a più livelli, e incentivino l’assunzione  e la collaborazione con donne;
  3. flessibilità (Smart Working, digitalizzazione) e valutazione basata sul raggiungimento di obiettivi;
  4. campagne comunicative atte al cambiamento culturale sia tra le aziende (per promuovere il valore della diversity) sia nelle scuole (per incentivare l’adesione delle giovani donne a lauree STEM ed a percorsi manageriali); 
  5. programmi a supporto dello sviluppo femminile all’interno delle aziende (es: executive presence);
  6. donne a sostegno delle donne: le donne devono rappresentare le prime sostenitrici della propria categoria.
Indipendentemente dal proprio Paese di provenienza, dalla propria estrazione culturale, dalle proprie priorità di vita… l’obiettivo comune delle donne manager non è quello di spingere tutte le donne verso una scelta di carriera invece che familiare o di qualsiasi altro tipo, ma semplicemente quello di far sì che tutte le donne abbiano la possibilità di scegliere.

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