Il pasto di Kronos - Antidoti a un'aporia analogica
"Un bel percorso, pieno, pienissimo di cose, di riferimenti suggestivi, di proposte e di scorci interessanti e stimolanti. Certamente sul linguaggio si leggono sciocchezze considerevoli; il suo appaiamento alla musica genera equivoci che l’autore fa bene a denunciare. Complimenti vivissimi, un’opera molto suggestiva". Carlo Sini
Francesco Rampichini
IL PASTO DI KRONOS - Antidoti a un’aporia analogica
Zacinto Edizioni, 2023
Pagine: 164 illustrate a colori
ISBN: 978-88-31323-44-4
Prezzo € 20
Disponibile in libreria e online
Recensione a cura della Redazione
Pur rivolgendosi a un pubblico indifferenziato, questo libro chiede d’identificare temi e tesi dipanati in una pluralità di riferimenti che giunge al senso della musica a partire dall’esperienza sensibile del mondo.
Alla domanda senza tempo cos’è dunque la musica? qui si risponde: una via sensoriale per esperire la logica, e una via logica per esperire la sensorialità.
Il sottotitolo è programmatico: antidoti, vie d’uscita dalla selva di cliché, preconcetti e luoghi comuni sulla natura dei rapporti tra musica e linguaggio che, pretendendo d’illuminarli, ne offuscano invece realtà e orizzonti. A partire dal logoro ritornello secondo cui la musica sarebbe un “linguaggio universale”: solo uscendo da questa metafora possiamo entrare nella realtà dell’esperienza. La musica esprime uno stato del pensiero che non consente né necessita di traduzione, privo di lógos, non di senso. Non si riferisce a qualcosa, è in sé il fenomeno. È corporeità e, come diceva Jaques Lecoq, il corpo sa cose che la testa non sa ancora.
L’intelligenza stessa del reale è legata alla sensorialità, al complesso dell’esperienza corporea, ne è forse un sottoprodotto. Sostiene il neuroscienziato Vittorio Gallese che “l’esperienza è sempre molto più ricca delle parole che ci siamo inventati per esprimerla”.
La musica vive in un territorio estraneo al patto significante/significato, che opera nel linguaggio affinché possiamo condividerne l’utilizzo. Non c’è significato, non c’è alcuna ricaduta su un oggetto e quando vi si associa una narrazione, un “programma”, si ricorre a un rimando verbale. Troviamo “soggetti”, ma cosa sono in musica? In una fuga li sentiamo inseguirsi, ma dove vanno, che cosa rappresentano? Quei soggetti siamo noi, che seguendo il fenomeno veniamo condotti, cioè propriamente orientati in un senso. Un vettore che prende, porta e destina.
Seguitare a sostenere che la musica sia un linguaggio, per giunta universale, crea la falsa aspettativa che qualcosa ci debba venir detto, come asserì George Prêtre intervistato da Uto Ughi (anomalia tra i direttori, solitamente muti o allineati sul luogo comune). Così, quando si scopre che proprio nulla viene detto, si rifugge. O ritenendosi incapaci di comprendere si ascolta Jovanotti, che in effetti qualcosa dice.
Il libro indaga come musica e linguaggio condividano una scaturigine, dove poi intervenga una scissione, quel cambio di stato che esporrà la prima alle fauci del tempo facendone Il pasto di Krónos.
01 luglio 2024