Fase 2: La grande incognita dei test sierologici

È scattato da poco un nuovo allentamento della Fase 2, alla ripresa graduale delle attività si è aggiunto il via libera agli spostamenti tra Regioni. Sembra una conquista se si pensa alle condizioni di qualche mese fa, ciò però non significa che ci si potrà comportare come se Covid 19 sia stato sconfitto. Dobbiamo muoverci con responsabilità ricordando sempre che dobbiamo agire sapendo che il virus convive con noi.

Marcello Garzia

Presidente Fasi
Oltre alle ormai consolidate precauzioni personali, uno gli argomenti all’ordine del giorno è il dibattito, molto acceso, sulla validità dei test sierologici. Molti desiderano sapere se sono entrati in contatto con il virus, o perché hanno avuto qualche sintomo oppure semplicemente per sapere se fanno parte della famosa fetta di popolazione asintomatica.

Da tre mesi, stiamo parlando dei test sierologici, le domande più frequenti sono: 
  • hanno valore diagnostico? 
  • forniscono la tanto agognata patente d’immunità?

Il test sierologico è, come noto, uno strumento d’indagine sulla presenza di anticorpi nel sangue, utile a “scremare” la popolazione (facendone emergere la parte temporaneamente immune, almeno sulla carta). Se si risulta positivo al test nel laboratorio in cui è stato effettuato, questo è tenuto a comunicarlo all’Asl di competenza e scatta immediatamente l’obbligo di stare in isolamento in attesa del tampone. L’unico esame in grado di stabilire, con certezza, se si è ancora infetti oppure no. Il problema è che a livello nazionale non c’è un protocollo unico sull’effettuazione e validazione del test sierologico, ogni regione detta le sue regole: chi raccomanda il “pungidito” e chi il prelievo ematico (tra l’altro a prezzi molto variabili), senza contare, come dicevamo, dell’incertezza del risultato.

Anche sui costi del test sierologico la situazione è molto confusa, alcune Regioni ad esempio hanno autorizzato l’esecuzione dell’esame anche in strutture private, altre non si sono espresse in attesa di una qualche forma di decisione a livello nazionale.

Le indicazioni fornite dal ministero della Salute in una circolare diffusa all’inizio di maggio specificavano l’utilità dei test sierologici a fini epidemiologici per stimare la diffusione del virus, per identificare l’infezione in soggetti asintomatici o solo lievemente sintomatici, per definire il tasso di letalità rispetto ai contagiati. Al contempo nella circolare si fa anche presente che i test – ad oggi – presentano anche lacune rispetto ad alcune informazioni altrettanto importanti quali la presenza di anticorpi neutralizzanti che possano proteggere dall’infezione o malattia e la persistenza di questi stessi anticorpi a lungo. Inoltre, la circolare ribadisce che – come affermato dal Comitato tecnico scientifico istituito presso la Protezione civile – i test sierologici – allo stato attuale – non possono sostituire i tamponi naso-faringei per più motivi: innanzi tutto perché il campione di siero non è sufficientemente attendibile per una valutazione diagnostica che necessita del tampone; inoltre, la non presenza di anticorpi potrebbe comunque celare un contagio in fase precoce, tale per cui non si è potrebbe essere formato un numero di anticorpi tale da poter essere rilevato.

Nel frattempo, cresce la confusione tra i cittadini che si apprestano a convivere con il virus.
Per quando riguarda il Fasi stiamo costantemente monitorando l’evolversi della situazione, con il supporto di Confindustria e Federmanager, al fine di valutare le eventuali aree d’intervento e adottare le misure più idonee, efficaci, sicure ed economicamente sostenibili. Pronti a metterle in atto per dare sostegno e sollievo agli associati.
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