Giuseppe Sala, Sindaco Manager di Milano

Un dirigente sindaco di Milano, non è una novità, ma oggi più che in passato stimola riflessioni sull’effettiva valenza della cultura manageriale al servizio della società, non l’azienda in questo caso, bensì la collettività della metropoli motore economico del Paese. Nelle domande al “collega” e “sindaco” Beppe Sala ho cercato di capire quali competenze manageriali sono veramente apprezzate e contribuiscono al buon governo ed al progresso sociale.

 

Franco Del Vecchio 

Consigliere ALDAI Federmanager e Segretario CIDA Lombardia - lombardia@cida.it

Nato nel ’58 e laureato in Economia e Commercio all'Università Bocconi, Beppe Sala, ha iniziato la sua carriera in Pirelli ricoprendo diversi incarichi nelle aree del controllo di gestione e della pianificazione strategica fino ad essere nominato amministratore delegato della Pneumatici Pirelli nel ’98. Nel 2002 è Chief Financial Officer (CFO) di TIM e nel 2009 assume l'incarico di direttore generale del Comune di Milano. Nel 2012 ricopre la carica di presidente di A2A, l'azienda pubblica lombarda di energia e servizi, per diventare nel 2010 prima amministratore delegato e poi commissario unico di Expo.
Come gli altri candidati alle elezioni del Comune di Milano, in perfetta par condicio, Beppe Sala ha incontrato gli associati ALDAI Federmanager milanesi un anno fa, il 3 febbraio 2016. Ho avuto la percezione che si sentisse a casa, sereno e determinato a dare un contributo per il futuro della nostra città. L’esito elettorale lo ha premiato e il 19 giugno scorso Beppe Sala è stato eletto sindaco di Milano raccogliendo il 51,7% dei consensi, rispetto all'altro candidato al ballottaggio (anch’esso manager) Stefano Parisi.
Ad un anno dall’incontro in ALDAI ho proposto al Sindaco Sala alcune domande per condividere con i colleghi gli aspetti distintivi e qualificanti che la società riconosce alle competenze e ai valori manageriali.
Quali sono le competenze manageriali che ritiene abbiano maggiormente contribuito al suo successo ?
Non dovrei essere io a dirlo. Però penso di essere stato un manager - e oggi un amministratore pubblico - pratico, concreto, aperto al dialogo e capace di prendere decisioni anche difficili. In altre parole, sono un uomo che si prende i suoi rischi e le sue responsabilità, nel bene e nel male. Credo che la trasparenza sia la prima dote da avere e da mettere in campo quando dalle proprie scelte - seppur collegiali che possano essere - dipende il futuro di un'intera comunità e città.

Quali sono, dal suo punto di vista, le principali differenze fra le persone che operano nell’interesse pubblico con formazione manageriale rispetto a chi si è formato nelle militanze di partito ? 
Credo che la differenza principale sia nella sensibilità diversa che si sviluppa in un ambito o nell'altro. Chi arriva al pubblico dopo un'esperienza manageriale, come dicevo prima, è abituato a essere tendenzialmente pratico. Anche quando affronta tematiche tecniche riesce a spiegare quali siano le ricadute fattive e concrete delle scelte fatte. Chi proviene da una formazione più politica, dal canto suo, è di solito sensibile nell'interpretare i contesti che determinano il vivere quotidiano della gente e abile nel cercare collaborazione e sinergie per individuare possibili soluzioni a problemi. In ambo i casi, un buon amministratore deve porre alla base del proprio agire l'interesse e il bene della propria azienda o/e per la società, in senso più ampio.

È per lei più importante l’onestà o l’impegno per la causa del partito ?
Ovviamente l'onestà. È il metro con cui si misura l'azione dell'uomo, così come quello del politico e dell'amministratore. Senza non si può parlare di dignità in alcun ambito.

Quali sono secondo lei i comandamenti morali del manager ?
Il manager - ovviamente parliamo del "buon manager" - deve ispirare la propria azione a un solo comandamento, quello del "fare bene". Questo significa agire in modo corretto e onesto, nel rispetto delle regole, con concretezza e in modo risoluto per il bene dell'azienda per cui lavora, quindi per farla crescere e prosperare. In questo modo, non solo può farsi  garante della rispettabilità dell'azienda, ma ha l'opportunità di presentarla alla società come modello da seguire.

Quale è e quale dovrebbe essere secondo lei il contributo dei manager all’economia e alla società ?
Un manager - come succede per ogni professionista e ogni lavoratore - mette a disposizione della società che rappresenta il proprio sapere, le proprie competenze, il proprio saper fare e le proprie doti relazionali. Esperienza e sensibilità per interpretare i differenti contesti socio-economici sono due abilità fondamentali per il manager, perché indispensabili a raggiungere gli obiettivi di business fissati. Raggiungerli procura un bene all'azienda e, allargando l'orizzonte, all'economia, al mercato in cui questa opera e così all'intera società.

Nel ringraziare il Sindaco Sala per le risposte, mi è venuta spontanea una riflessione: la cultura e i valori manageriali del rispetto, onestà, trasparenza, responsabilità, progettualità e meritocrazia non appartengono in “esclusiva” ai manager, ma possono costituire un riferimento valoriale per il Paese. Chiunque può dare il proprio contributo, evitando di alimentare polemiche pretestuose, per impegnarsi e fare qualche cosa di concreto e veramente utile per futuro della collettività.

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