Il settore chimico farmaceutico tra i più innovativi
Intervista a Giorgio Oberrauch – Doppel Farmaceutici
Silvana Menapace
Consigliere ALDAI-Federmanager
Caro Giorgio, è stato bello ritrovarci all’Assemblea di Federmanager, ricordare le esperienze condivise in ALDAI e a livello nazionale, quando tu ed altri colleghi avete dato l’avvio al “gruppo giovani” della Federazione. Bei tempi, ma si cresce. Nel tuo caso, sono aumentate le responsabilità e le posizioni si sono fatte sempre più importanti. In tutti questi passaggi, per quanto riguarda la tua esperienza lavorativa, le aziende del settore chimico-farmaceutico sono state una costante. Da qui l’idea di un’intervista su questa tua profonda conoscenza. Oggi sei CEO della Doppel Farmaceutici, società fondata nel 1994 e oggi uno dei principali player europei nell’ambito della Ricerca & Sviluppo e della Produzione farmaceutica. Strutture all’avanguardia, tecnologie innovative, profonda conoscenza del settore fanno della tua azienda una delle eccellenze nel panorama farmaceutico, una realtà in grado di servire clienti in ogni parte del mondo.
Giorgio Oberrauch, l’Italia ha una posizione di rilievo in Europa nel manifatturiero, ma ora ha superato la Germania e, in particolare, il settore farmaceutico sta trainando fortemente questo trend positivo. Quali le motivazioni dietro questo successo Italiano?
Non posso che confermare – con una punta di orgoglio – che al momento l’Italia sta primeggiando in Europa nell'industria farmaceutica: gli ultimi dati Farmindustria–Confidustria attestano che abbiamo addirittura superato la Germania, da sempre market leader nel settore, e questo ci dà grande soddisfazione. Un successo e una posizione raggiunti nonostante un sistema Paese che, talvolta, sembra ostacolare lo sviluppo e mi riferisco, ad esempio, al costo dell’energia (tra i più alti in Europa), ad un insieme di enti controllori cui il nostro settore è sottoposto e la cui burocrazia certe volte ci rallenta rispetto ad altri Paesi. Relativamente alle motivazioni di questo sorpasso due sono i filoni: uno di tipo più oggettivo e l’altro soggettivo. Con riferimento al primo ci vengono indubbiamente riconosciuti l’elevata qualità, l’affidabilità, il servizio, la capacità di interloquire con il cliente, ma anche imprenditori molto validi e manager competenti, determinati, e soprattutto internazionali, abituati ad avere come riferimento il mondo, anche se operano solo sul mercato italiano (a titolo di esempio il chimico-farmaceutico esporta il 90% della produzione, diventare internazionali è una necessità). In termini soggettivi, come Italiani, ci viene riconosciuta una grande “creatività” pratica che consiste nella capacità di problem solving, che rispetta modi e tempi. E, infine una grande cultura farmaceutica. Per onestà non posso comunque dimenticare che avere imprenditori lungimiranti, che ci vengono invidiati, è di fondamentale importanza.
Il settore Chimico, e quello Farmaceutico in particolare, vedono un’elevata percentuale di donne impiegate anche in posizioni manageriali. Come mai questa evidente differenza rispetto agli altri settori?
I dati e la realtà che vivo quotidianamente non possono che testimoniare a favore di questa affermazione. Una delle ragioni principali è che assumiamo principalmente persone laureate in Chimica e Tecnologia Farmaceutica (CTF), Farmacia, Chimica, Biologia, facoltà – soprattutto le prime due – dove la maggior parte, talvolta la quasi totalità dei laureati, è donna. Per il nostro reparto di ricerca, ad esempio, dove si studiano le formulazioni, ricerchiamo per lo più brillanti profili provenienti dal corso di CTF. Ci sono alcune funzioni della nostra industria che sono sempre stati ad appannaggio femminile, mi riferisco ad esempio a controllo qualità, quality assurance, acquisti, marketing. Negli ultimi anni, si assiste anche ad un incremento della presenza di donne in reparti storicamente maschili come la produzione: in Doppel Farmaceutici abbiamo Capi Reparto e vediamo anche casi non sporadici di Direttori di Stabilimento e COO (Chief Operating Officer).
Il gentil sesso sta conquistando l’industria farmaceutica perché è molto motivato a crescere professionalmente e molto determinato a raggiungere gli obiettivi: ha la possibilità di farsi valere e non ne perde l’occasione. Sta cambiando il mondo, in percorsi di studi quali Chimica, dove una volta era difficile incontrare studentesse ora se ne vede un’elevata percentuale tra i laureati. Curiosamente, negli ultimi tempi, riscontro che le donne sono le più disponibili a trasferirsi, altro che discorso di “donna -mamma”, che vuole rimanere nella sua comfort zone, si tratta di una generazione molto più flessibile, che ha voglia di emergere. Abbiamo diverse laureate che provengono da regioni meridionali e che si trasferiscono da noi perché hanno voglia di realizzarsi. Ho testimonianza diretta di almeno due casi in cui è la moglie a decidere di trasferirsi per questioni lavorative, portandosi dietro la famiglia. Un sintomo di come i tempi stiano cambiando. A merito dell’industria farmaceutica in generale, va detto che abbiamo anticipato i tempi, introducendo innovazioni organizzative sostanziali per consentire alla donna di conciliare lavoro e famiglia. Per esempio nel nostro settore sono stabiliti in caso di maternità, oltre a quanto già previsto, degli aiuti, delle facilitazioni per il part-time, dei periodi di aspettativa più lunghi; siamo stati tra i primi ad implementare lo smart working; abbiamo moltissime realtà che lo stanno introducendo nelle funzioni che ovviamente lo consentono, ad esempio il Regulatory. I moderni sistemi di comunicazione rendono molto più flessibile il lavoro, non è necessario essere sempre presenti in ufficio.
Il Contratto dei Chimici è sempre stato tra i più innovativi, se non il più innovativo in assoluto. Quanto ritiene che il contratto di lavoro possa aver contribuito al successo del settore?
Il contratto dei Chimici è sicuramente innovativo, di facile rinnovo, che spesso avviene anche con anticipo: c’è una grande collaborazione con le parti sociali e le rappresentanze dei lavoratori. È molto favorevole sia ai dipendenti sia alle aziende, consente una grande flessibilità, valore così importante nella nostra industria. L’ultimo contratto, che è stato recentemente rinnovato, ha introdotto delle novità importanti in ambito economico e normativo, mettendo al centro temi quali CSR (Corporate Social Responsability), formazione, produttività, e – last but not least – flessibilità, dando così alle imprese farmaceutiche gli strumenti per essere promotrici e protagoniste del cambiamento, anche relativamente alle trasformazioni connesse al 4.0. Il sistema di relazioni industriali instaurato è molto partecipativo, è fondato sul dialogo e su un confronto positivo continuo, è capace di sostenere la competitività e di conseguenza l’occupazione, permette di valorizzare una contrattazione aziendale virtuosa legata a parametri reali. I premi di partecipazione sono incentivanti, stimolanti, sicuramente sfidanti, e sempre più legati a parametri quali EBITDA o altri di natura economico-finanziaria.
Visti i positivi risultati di questo settore, quali insegnamenti potrebbero essere trasmessi ad altri settori industriali per favorire una loro maggiore crescita?
Potrei riassumere in poche parole chiave alcuni fattori del successo del nostro settore.
Internazionalizzazione. È fondamentale guardare oltre i nostri confini: per fare questo è necessario affidarsi a manager preparati in grado di comprendere le diverse culture, disponibili a viaggiare, ad imparare le lingue.
Innovazione. Non si può crescere, non si può essere protagonisti senza di essa; e questo vuol dire credere e sostenere la R&D. Investire parte del profitto nella ricerca e se possibile brevettare, cosa che in Italia si fa poco, benché tale procedura sia così importante per proteggere l’innovazione.
Manager competenti, dotati di una vision a lungo termine: la nostra industria è già abituata a pensare in questi termini, una molecola sviluppata oggi impiegherà anche qualche anno per arrivare sul mercato, i nostri manager devono essere preparati a realizzare progetti e percorsi, prospettare scenari, che considerino le necessità e le richieste del mercato “futuro”.
Green. Come Farmindustria abbiamo realizzato uno studio per capire se essere “green” fosse un fattore competitivo. I risultati dell’indagine hanno evidenziato che l’industria farmaceutica è tra le più rispettose dell’ambiente, cura, riciclo, cogenerazione energia sono diventati veri e propri valori, molto apprezzati dalle multinazionali nostre clienti. In ultimo non possiamo dimenticare che gli investimenti in tal senso si traducono poi in saving.
Abbiamo raggiunto risultati importanti, come settore possiamo ambire a diventare una case history e a rimanere market leader in Europa, ma tutto ciò non è possibile senza un sistema-Paese al fianco delle imprese e dell’industria.
Grazie Giorgio, ti auguro che i tuoi auspici si concretizzino e confido in un nuovo incontro di aggiornamento.
01 gennaio 2019