Manager e IA, a quali domande si deve rispondere

L’intelligenza artificiale sta rapidamente trasformando ogni settore, dall’industria alla finanza, dalla sanità ai trasporti, imponendo alle aziende una riflessione profonda su come gestire questa nuova ondata tecnologica in modo etico e conforme alle normative emergenti; e alla compagine dirigenziale di comprendere quali sono i vantaggi e i rischi da affrontare. Di conseguenza la sfida per le aziende non sarà solo adottare le tecnologie, ma farlo in linea con nuovi requisiti legislativi e dando visibilità del percorso di responsabilizzazione sociale relativamente agli impatti delle tecnologie di IA nelle imprese e negli ambiti socioeconomici. È importante quindi comprendere quali siano le giuste domande da porsi. Non farlo potrebbe essere un rischio, così come non tener di conto dell’asse dei tempi entro cui operare

Massimo Fucci

Socio ALDAI-Federmanager
In un contesto in cui si è già palesata, l’intelligenza artificiale sta avendo – e avrà sempre più – un impatto significativo sull’ambito aziendale, trasformando profondamente il modo in cui le imprese operano e competono. La sua evoluzione, i benefici e i limiti meritano un’attenta analisi per comprendere appieno il potenziale e le sfide di questa tecnologia che introduce una forte discontinuità.
Le aziende devono essere consapevoli dei limiti e delle sfide legate all’implementazione di queste tecnologie. Solo con una strategia ben pianificata e una gestione attenta dei rischi, l’IA può essere applicata al massimo delle sue potenzialità, creando valore sostenibile nel lungo termine.

Un errore da evitare assolutamente è non considerare l’IA come un asset aziendale: è quindi importante definire una strategia, una direttiva e delle precise responsabilità assegnate, sicuramente per non perdere un treno importante. Probabilmente il primo quesito da porsi è: come trovare un equilibrio tra le promesse dell’intelligenza artificiale – in termini di incremento di produttività, redditività ed efficienza delle imprese – e l’esigenza di garantire, al contempo, sostenibilità e coerenza organizzativa, rendendo consapevoli le persone dei cambiamenti in atto?

Il tema non è puramente tecnologico e, quindi, non può essere relegato a un ambito tecnico, in quanto ci sono implicazioni sociali, manageriali e legali di non poco conto da affrontare.

Le aziende e il management si debbono quindi preparare per comprendere, affrontare, governare l’IA. Infatti, negli ultimi decenni, l’innovazione, oltre ai benefici, ha mostrato la presenza di un “lato oscuro” che, se non adeguatamente governato, può generare degli effetti perversi e paradossali, a livello individuale, organizzativo e sistemico. Basti pensare alla variazione in numero e skills della forza lavoro impiegata a tutti i livelli.

Per il management, diversi sono gli ambiti in cui porsi le domande per mettere in atto le azioni conseguenti: oltre a quelli legali ed etici, è necessario interrogarsi su alcuni aspetti di impatto su posizione, ruolo e responsabilità del management stesso.

Se parliamo di responsabilità, cosa accade se un prodotto/servizio basato su componenti dotate di intelligenza artificiale ha un malfunzionamento che genera un danno a un utilizzatore o blocca la produzione? Di chi è la responsabilità? Come la si distribuisce? Come tutelarsi? 

Un altro aspetto, non meno importante, riguarda l’impatto sul processo decisionale a partire dalla base dati che determina le informazioni a supporto delle decisioni, poiché inevitabilmente impatta sulla presenza/permanenza, o meno, di una serie di posizioni aziendali. In particolare, del cosiddetto middle management.
Un’altra serie di domande da porsi riguarda la governance delle Operation e delle persone nell’attività quotidiana e nel loro percorso di sviluppo. 
In particolare, come progettare e gestire flussi di lavoro basati su alcune applicazioni dotate di intelligenza artificiale? 
E, infine, come regolarci con sistemi di valutazione e conseguenti sistemi premianti al fine di oggettivare azioni e variazioni?

Sarebbe quindi auspicabile una razionale e profonda riflessione che porti a un’azione concreta anche sugli aspetti contrattuali in funzione di nuovi criteri di responsabilità e gestione delle risorse umane.

Da dove iniziare? La risposta razionale che porta a risultati è senza dubbio comprendere che il tema è serio, che va definito un team responsabile con l’obiettivo di capire come si è messi in azienda, per poi definire la strategia e la relativa serie di azioni conseguenti.
Diverse le scelte. L’istintiva: sono autonomo e mi faccio l’assessment in casa, ma una cronica mancanza di tempo dei livelli da interessare e una certa incapacità di essere al di sopra delle parti sono due fattori sufficienti a far desistere dal percorrere questa strada. Oppure mi affido – con dovuta circospezione – a chi di questa cultura ne mastica da qualche anno e utilizza una metodologia innovativa e di provata efficacia basata su solide basi metodologiche. Anche in questo caso il contributo interno non è nullo, partecipare in maniera seria a fasi di assessment mirate, implica un impegno manageriale a monte e a valle dell’intervento. 

In conclusione, innovazione & cambiamento sono oramai da considerarsi un tutt’uno e rappresenteranno, nel tempo, l’unica condizione stabile. Le nuove tecnologie – da sempre – sono solo un fattore abilitante. Affinché queste vengano utilizzate in maniera proficua e corretta – in azienda – è necessario far leva sulla cultura dei soggetti abilitatori: il management, i collaboratori e, non ultimo, le compagini sindacali. In maniera tale che siano in grado di porsi le domande corrette in merito all’intelligenza artificiale, da cui far partire le relative iniziative/percorsi efficaci. Va interiorizzato il fatto che l’intelligenza artificiale è destinata a cambiare il modo in cui operano le aziende, ma solo chi adotta un approccio consapevole e conforme alle normative potrà trarre vantaggio dalle sue potenzialità senza incorrere in rischi inutili. Un errore da evitare è considerare l’intelligenza artificiale alla stessa stregua del GDPR. Siamo su un altro pianeta.

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