Smart Working: arma a doppio taglio o valido alleato?
La pandemia COVID-19 impone nuovi stili di vita e di lavoro. Per evitare la paralisi delle attività è necessario sostituire la naturale resistenza al cambiamento con la disponibilità e l’apertura mentale ad apprendere nuovi strumenti e modalità relazionali. Proprio le situazioni più critiche possono offrire l’opportunità per realizzare innovazioni fondamentali per lo sviluppo sostenibile, basta pensare ai benefici per l'ambiente dovuti alla scomparsa del traffico.
Mai come in questo periodo in Italia abbiamo tanto sentito parlare di Smart Working, altresì chiamato Lavoro Agile, ovvero quella modalità che consente a certe figure di svolgere le proprie attività lavorative stando a casa, senza recarsi fisicamente in ufficio .
Ovviamente al momento se ne parla tanto per far fronte alla specifica urgenza di contrastare il Covid-19 evitando i luoghi a maggiore concentrazione di persone, ma forse dovremmo cogliere quest’occasione per riflettere sull’argomento in modo un po' più ampio.
Approccio americano rispetto a quello italiano.
Le grandi multinazionali americane fanno largo uso dello Smart Working già da anni, facilitate forse dalla tecnologia diffusa di cui hanno potuto usufruire prima di altre nazioni e dalla loro impronta fortemente globale, caratterizzata da organizzazioni vaste e internazionali, in cui un minuzioso controllo degli orari dei dipendenti risulterebbe comunque difficile.
Ricordo infatti una responsabile HR di una multinazionale che mi spiegava come da un monitoraggio effettuato per più mesi consecutivi emergesse che per l’azienda fosse più oneroso (e anche meno efficiente) tenere una traccia precisa degli orari dei dipendenti piuttosto che concedere maggiore flessibilità accettando il rischio che alcuni non rispettassero al 100% il monte ore di ogni singola settimana.
Per molte aziende italiane invece il Lavoro Agile è ancora un concetto relativamente nuovo: quelle più grandi e di respiro più internazionale iniziano a capirne le potenzialità, e seppur ancora con qualche remora cominciano a farne un certo uso, magari imponendo qualche limite di utilizzo; mentre quelle più piccole e locali sono ancora molto scettiche sull’utilizzo dell’Home-Office (non a caso infatti le piccole aziende di provincia purtroppo si sono trovate più impreparate nel dover improvvisamente organizzare il Lavoro Agile per far fronte all’emergenza Coronavirus).
Quali sono i fattori chiave per rendere lo smart working uno strumento di successo?
Ovvero ... su cosa fanno leva le grandi aziende americane (operanti con sedi legali in tutto il mondo, e nello specifico soprattutto in Europa/Italia) per gestire al meglio il cosiddetto home-office?
- Misurazione per obiettivi: se da un lato infatti queste grandi aziende concedono la flessibilità di location ai propri dipendenti, dall’altro si assicurano di misurarli sulla base del raggiungimento di obiettivi chiari e molto sfidanti. Quest’approccio aiuta le aziende non solo ad arginare il rischio di una perdita di efficienza legata ad un minore controllo dei dipendenti, ma le aiuta inoltre a far accettare ai propri dipendenti aspettative ed obiettivi sempre più ambiziosi.
- Flessibilità bilaterale: da un lato l’azienda è flessibile concedendo al dipendente la possibilità di lavorare da casa, dall’altro chiede in cambio al lavoratore la stessa flessibilità, per esempio restando reperibile e disponibile per le conference-call con paesi stranieri (USA, Cina, ecc..) che a causa di fusi orari diversi molto spesso sono fissate al di fuori del tipico orario d’ufficio.
- Migliore gestione di potenziali cause di assenza: attraverso lo Smart Working le aziende, per esempio, riescono a facilitare il rientro di donne/uomini dai congedi parentali (che al di là del risvolto etico, comportano innegabilmente dei costi per le aziende e una notevole perdita di efficienza), nonché a ridurre le assenze per malesseri non gravi (con dei lievi sintomi influenzali, per esempio, alcuni dipendenti non se la sentono di fare la solita ora nel traffico per andare in ufficio... ma sicuramente possono avere la forza sufficiente per lavorare da casa e far fronte alle urgenze).
- Ottimizzazioni organizzative: sulla base di uno spunto di riflessione che la manager a capo del Commercial Operations di una grande azienda mi ha proposto, lo Smart Working potrebbe talvolta rappresentare addirittura una necessità per un’azienda ... pensiamo ad alcuni customer-service o call-center, che per ragioni di costo vediamo spesso delocalizzati in zone cosiddette low-cost (India, Eastern Europe, ecc), e che spesso presentano poi un conto da pagare fatto di barriere linguistiche e fusi orari diversi ... non si potrebbe invece valutare di dislocare almeno una parte di quei team in Home-Office (quindi con strutture e costi molto lean), in luoghi molto più vicini alle esigenze legate al fuso orario e alle lingue locali?
Quali sono i rischi dello Smart Working?
Sulla base sia della mia esperienza personale che delle opinioni che ho raccolto da alcuni colleghi, in parte appartenenti a piccole/medie imprese ed in parte a grandi aziende, penso che il Lavoro Agile debba basarsi su alcuni requisiti minimi per essere efficiente, senza i quali rischia di diventare un’arma a doppio taglio.
Per esempio, non tutti i dipendenti (né tutti i ruoli ovviamente) si prestano allo Smart Working: bisogna selezionare le persone giuste, molto autonome e ben organizzate, in grado di gestire bene il proprio tempo e le priorità, senza rischiare di perdersi nella “libertà di movimento” che l’Home-Office concede. Va quindi un po' da sé che probabilmente siano candidati migliori per lo smart-working le risorse che abbiano già una minimo di seniority ed esperienza aziendale.
D’altro lato un uso eccessivo del Lavoro Agile rischia di minare la solidità delle relazioni con i colleghi. Inutile infatti negare l’importanza e l’efficienza di avere un solido network aziendale, network che si può costruire tranquillamente attraverso video-conferenze e telefonate, ma che sicuramente va di tanto in tanto rafforzato con incontri vis-a-vis, con discussioni fatte di appunti e work-shop, di incontri fortuiti nei corridoi tra gli uffici ... del resto c’è chi dice che le informazioni più importanti emergano sempre di fronte alle macchinette del caffè!
Direi quindi, in conclusione, che in un mondo globale e sempre connesso come il nostro si può definire lo Smart Working un valido alleato sia per le imprese che per i dipendenti, a patto che sia applicato secondo i criteri di base necessari per poterne sfruttare al meglio le potenzialità!
Sara Cattaneo
Associata ALDAI-Federmanager e componente del comitato di redazione Dirigenti Industria
01 aprile 2020