Un paese senza leader

Esce in un momento delicato per il nostro Paese, il nuovo libro del Direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana. Non è un saggio di politologia ma un contributo di grande attualità che indaga sulle ragioni profonde della crisi politica e di un'irritante campagna elettorale che è stata da più parti giudicata tra le peggiori.

Luciano Fontana

UN PAESE SENZA LEADER
Storie, protagonisti e retroscena di una classe politica in crisi
Longanesi Editorie
Pagine 223 - euro 16,90

Recensione di Gianni Fossati - Socio ALDAI-Federmanager
Obiettivo di un buon saggio è tuttavia quello di riuscire ad animare un dibattito e andare oltre le pagine iniziali. E questo è successo e sta accadendo con quello di Fontana attraverso incontri e presentazioni in tutta Italia chiedendosi dove sta andando il Paese. Anche le sferzanti vignette di Emilio Giannelli, incominciando da quella parlante in copertina: una monumentale carrozza barocca guidata dal Presidente della Repubblica, con i protagonisti della scena politica sull'orlo di uno strapiombo, accompagnano gli otto capitoli che analizzano i venticinque anni della cosiddetta Seconda Repubblica. Un lavoro molto accurato che ripercorre i passaggi cruciali della democrazia rappresentativa attraverso un intreccio di personaggi visti da vicino; episodi, dettagli e incontri inediti da Berlusconi a Renzi, da Prodi a Veltroni e Rutelli, da D'Alema a Salvini, da Grillo a Di Maio e Gentiloni in un contesto che sembra aver dimenticato i valori unificanti della Costituzione. Nell'introduzione, Fontana ricorda come siamo partiti con l’illusione di un Paese conteso da due schieramenti, sinistra riformista e destra conservatrice con forti leadership investite direttamente (o quasi) dagli elettori e come siamo arrivati al traguardo delle elezioni politiche con un sistema frantumato, diviso, affollato di partiti e partitini che invocano le virtù del proporzionale. Così il Paese è rappresentato meglio, si dice, così non si piega la volontà popolare. È il segno di una resa, di un male oscuro che ha prodotto governi instabili, consumato leader veri o presunti, diffuso nel mondo l’immagine di un’Italia inaffidabile, capace solo di accumulare debito, moltiplicare gli impedimenti burocratici, tassare chi produce e chi lavora. Ma c’è qualcos'altro nello spirito del Paese che sta cambiando in peggio: la rete, di cui l’autore si è a lungo occupato, ha tanti aspetti positivi, ma purtroppo a causa dell’anonimato, sta diventando la palestra degli odiatori di professione che fanno proseliti. Sono un’opportunità grande che però va maneggiata con cura perché semplificano molto l’articolazione del pensiero e spingono a utilizzare frasi ad effetto e il richiamo del nulla. Del resto una battuta di sicuro porta più “mi piace”, ma quasi mai offre risposte concrete ed efficaci a problemi come il debito pubblico o il tasso di disoccupazione. Un luogo di esibizionismo digitale di massa del rancore e della svalutazione del merito e delle competenze. Formare la classe dirigente sembra diventato un compito secondario. “Uno vale uno”, ci penserà la democrazia del web a risolvere tutto con qualche centinaia di clic dimenticando che il proliferare di “false notizie” dimostra quanto sia necessaria per i cittadini e la democrazia una informazione verificata e di qualità. È iniziata una nuova fase, la tanto invocata e mai arrivata competizione bipolare perde la maschera. La legge elettorale deve essere più proporzionale possibile, per la classe dirigente si vedrà.  Il politologo Giovanni Sartori con i suoi scritti sul Corriere della Sera lo aveva capito sin dal 1993 ricordando che dal sistema bloccato era uscito soltanto un sistema frantumato che non fa più sistema. Era solo nascosto da un velo di ipocrisia che non ci faceva vedere la verità. Da dove ripartire? Se lo chiedono in tanti, ma la speranza arriva proprio nell'ultimo capitolo con il coraggio della responsabilità, perché competenza, professionalità e selezione dei rappresentanti in base al merito, in una situazione estremizzata, sono indispensabili insieme alla volontà di fare tanti passi in avanti per recuperare la civiltà del dialogo, il rispetto degli altri e lo spirito di servizio. L’unico modo per scongiurare l’immagine di Giannelli perché l’Italia non può restare a lungo in quella posizione davanti al precipizio in attesa di qualcosa che non immagina.

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