Uno, Nessuno, Centomila… Franz Kafka a cento anni dalla morte

Incontro a cura del Gruppo Cultura

Franz Kafka

Alberto Cantoni

Socio ALDAI-Federmanager e componente del Gruppo Cultura
Ricordare Franz Kafka a cento anni dalla morte, con la dovuta attenzione e riflessione, senza ripetere cose già dette infinite volte da autorevoli critici e scrittori, non è cosa facile. Chiedere soccorso a un famosissimo scritto di Luigi Pirandello potrebbe non essere del tutto inutile, perché riprendere pensieri e fatti di un lontano passato che incombono ancora nella nostra vita quotidiana potrebbe indicare il coraggio di voler assumere coscienza di noi stessi in un continuo alternarsi fra ciò che altri vedono di noi e ciò che noi pensiamo di essere. Questa moltiplicazione della nostra immagine – e quindi l’impossibilità dell’esperienza autentica di sé stessi – era comunque già ampiamente presente nelle parole di Schopenhauer e Nietzsche ben prima dell’amaro racconto pirandelliano (1926) e delle angosciate, contraddittorie e tragiche parole della Lettera al Padre (1919) e delle Lettere a Milena (1920-1923) di Kafka che oggi vogliamo ricordare. Una domanda: perché le lettere e non i racconti e i romanzi così densi di significato e di lucida visione della Legge che incombe su di noi, e che lontano dal farsi riconoscere, scrive il cammino della nostra esistenza fino al suo tragico finale di morte? Proprio le lettere possono essere la strada corretta da percorrere, perché in esse si svolge la vita e il pensiero di Kafka. Sono affermazione, confessione e analisi del sé verso un destino che impedisce ogni possibile “normalità” per essere parte di una società civile che lavora, condivide, ama nell’esiguo tempo che gli è dato vivere.
«Carissimo padre, recentemente mi hai chiesto per quale motivo sostengo di avere paura di te. Come al solito, non ho saputo darti una risposta, in parte proprio per la paura che ho di te, in parte perché la motivazione di questa paura richiederebbe troppi dettagli per poter essere esposta a voce con una certa coerenza. E se anche tento di risponderti per iscritto, il mio tentativo sarà necessariamente assai incompleto, perché anche nello scrivere mi è di ostacolo la paura che ho di te e la vastità dell’argomento supera di gran lunga la mia memoria e la mia intelligenza». 
La lettera non fu mai spedita e venne pubblicata come opera autonoma con i Quaderni in Ottavo dal fedele amico Max Brod nel 1952, nell’intento di dare una visione intima e morale di Kafka e non solo un’immagine di estrema lucidità letteraria. Pubblicazione contraria ai suoi voleri che avrebbero chiesto la distruzione di tutto quanto da lui non pubblicato in vita, ma fedele in modo assoluto al suo pensiero che suona chiarissimo nei diari quando afferma “scrivere lettere significa denudarsi davanti ai fantasmi che ciò attendono avidamente. Baci scritti non arrivano a destinazione ma vengono bevuti dai fantasmi lungo il tragitto”.  

Della Lettera al Padre Kafka parla con profondo significato in una lettera a Milena del luglio del 1920 e non a caso proprio nel nascere di un’impossibile relazione con una giovane e impulsiva traduttrice in ceco delle sue prime brevi prose. Sposata e delusa da una vita non coerente con la sua attesa di donna libera e aperta al mondo mitteleuropeo di lingua tedesca, Milena si lega a uno scrittore (Kafka, sconosciuto al pubblico per sua scelta) che tutto poteva apparire tranne che un intellettuale ebreo, ammalato e lacerato dal non essere capace di realizzare una vita ricca di quei valori che possono contrastare l’angoscia dell’esistenza umana. L’impossibile relazione, dunque, proprio quell’Uno e Nessuno che poteva apparire ad ogni sguardo della folla (ecco i fantasmi personalizzati) in cui Kafka, uomo del suo tempo, viveva e lavorava. Le Lettere a Milena sono però altra cosa da una semplice raccolta di scritti fra un uomo e una donna che vivono una relazione intima, personale e professionale, sono la testimonianza dell’evolvere del pensiero di Kafka sulle ragioni dell’esistenza, sullo scontro tra ragione e sentimento in un mondo nel quale a noi non è dato possedere ragioni e sentimenti che possano avere un senso compiuto. Sono la storia della morte di un uomo che si oppone a ogni tentativo di essere conquistato, di un uomo che vuole vivere con una ragione della vita che non sia irraggiungibile e sconosciuta. Con chiara lucidità nel romanzo incompiuto Il Castello, opera strettamente legata alla relazione con Milena, sarà proprio Kafka a narrare una storia di impossibile vita relazionale e di impossibile vita consapevole. Destino che era iniziato nel Processo in cui Josef K. si era sentito prelevato e ucciso “come un cane” da una burocrazia insignificante ma dominante e nella Metamorfosi in cui Gregor Samsa si scopre trasformato in un impossibile insetto umano ucciso dall’incuria e dalla indifferenza delle persone che erano la sua famiglia. Destino che si presenta ancora come gelida ragione nella Colonia Penale, quando l’uomo che incarna la Legge si uccide per soddisfare una giustizia che vuole solo essere implacabilmente giusta. Nelle confessioni a Milena Kafka dichiara l’impossibilità della sua vita pur volendo la vita, si abbandona sconfitto a un destino insormontabile che, trasformatosi in malattia letale, lo conduce alla sua morte reale tanto da fargli implorare all’amico che lo assiste fino ai momenti estremi del 1924 con un grido “uccidimi, altrimenti sei un assassino”.

Si può continuare all’infinito a citare le impossibili relazioni di Kafka, ma nulla di nuovo potrebbe essere detto oltre quanto già conosciuto. Illuminanti possono comunque essere le parole di Elias Canetti, autore di L’altro Processo – riflessione nata dopo la pubblicazione delle Lettere a Felice scritte da Kafka fra innumerevoli eventi negli anni dal 1912 al 1917 – dove oltre ad analizzare le lettere, l’autore e le circostanze del suo tempo, il “maestro” Canetti traccia uno spaccato sociale, etico e morale del mondo circostante che solo lui ha potuto così compiutamente realizzare. Un vero omaggio, trasparente e spesso implacabile, a Kafka uomo solo nella storia europea del Novecento. 
SAVE THE DATE

L'incontro dedicato a Kafka a cento anni dalla morte si terrà 

mercoledì 15 gennaio 2025 alle ore 17:30 
presso la Sala Viscontea Sergio Zeme

Per partecipare è necessaria la registrazione su www.aldai.it

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