Certificazione della parità di genere: a oggi oltre 4.300 le imprese certificate con più siti produttivi

Alessandra De Gaetano

Giornalista pubblicista, Funzionario 4.Manager
Le donne sono state assenti per centinaia di anni dalle posizioni apicali, nell’ambito politico, nel mondo del lavoro e della ricerca. E, secondo il World Economic Forum, ci vorrebbero oltre 100 anni, a questo ritmo, per raggiungere la piena parità di genere. Ma oggi qualcosa sta cambiando, a piccoli passi. Lo conferma l’assegnazione del Premio Nobel per l’economia 2023 a Claudia Goldin, economista newyorkese della Harvard University per “aver migliorato la nostra comprensione sugli esiti del mercato del lavoro femminile”. Lei, che ha saputo interpretare il presente con la lente del passato, ha posto l’accento sul ruolo delle donne nello sviluppo economico. Infatti, se più donne fossero attive nel mercato del lavoro, il PIL italiano potrebbe aumentare fino a +12% (Studio EIGE – Istituto europeo per l’uguaglianza di genere sui “vantaggi economici dell’uguaglianza di genere”).

L’Osservatorio 4.Manager evidenzia che solo una donna su due è occupata, tra i manager le donne sono appena il 28%, la maternità è tuttora un ostacolo alle carriere e c’è ancora molto da fare anche per quanto riguarda l’equità retributiva.

Anche se i dati dell’Osservatorio 4.Manager non sono molto confortanti, oggi gli strumenti per risolvere il gender gap esistono, contenuti nel volume SHE LEADS: la parità di genere nel futuro del lavoro, scritto da Stefano Cuzzilla, Presidente Federmanager e 4.Manager insieme con Andrea Catizone, Avvocata sui diritti della persona e delle discriminazioni, e a cura della giornalista Silvia Pagliuca.  Una guida per imprese e manager, edita da Il Sole 24 Ore e promossa da 4.Manager, che analizza le ragioni del gender gap, evidenziando le possibili vie di miglioramento per eliminare le asimmetrie. Prima fra tutte la Certificazione della parità di genere, misura del PNRR che si pone l’obiettivo, attraverso un sistema premiale, di introdurre strutturalmente nelle imprese la cultura della parità di genere, superando i gap esistenti. A oggi sono oltre 4.300 le imprese certificate con più siti produttivi, secondo i dati di Accredia, l’ente italiano di accreditamento. Numeri destinati a crescere, dato che la misura realizzata dal Dipartimento per le Pari Opportunità, in collaborazione con Unioncamere in qualità di soggetto attuatore, ha una dotazione complessiva di 10 milioni di euro, 8 dei quali destinati al supporto alle PMI. La Certificazione rappresenta una rivoluzione copernicana, che si pone in linea con quanto previsto dalla Strategia nazionale per la parità di genere, di contribuire a raggiungere entro il 2026 l’incremento di 5 punti nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere, elaborato dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE), che attualmente vede l’Italia al 13esimo posto nella classifica dei Paesi UE. Inoltre, gli studi dell’Osservatorio 4.Manager evidenziano come le aziende più inclusive e con un maggior equilibrio di genere siano in grado di creare un valore più elevato: secondo il Diversity Brand Index le imprese certificate fatturano il 23% in più. Infatti, incentivare l’equilibrio di genere garantisce, oltre ai vantaggi economici diretti e indiretti, una serie di benefici che riguardano la spinta all’innovazione e una crescita della reputazione nel mercato.

Per favorire una maggiore partecipazione delle donne al mondo del lavoro, le imprese possono fare molto, come emerge dalle best practice di grandi aziende, raccolte dall’Osservatorio 4.Manager e contenute nel libro SHE LEADS: aiutare le donne a crescere nei percorsi di formazione, istituire strumenti concreti per la tutela della maternità favorendo il work-life balance, promuovere il lavoro flessibile, garantire un supporto nella gestione parentale e dei carichi di cura e di assistenza, incentivare i papà a utilizzare i congedi parentali, prevedere modelli di trasparenza retributiva.

Queste iniziative si rivelano oggi ancora più urgenti, perché viviamo in un Paese in cui il tasso di occupazione femminile è tra i più bassi in Europa, il 50,8%, in cui a 5 anni dalla laurea le donne guadagnano il 20% in meno rispetto ai colleghi uomini di pari livello, in cui essere madri è ancora un ostacolo alla realizzazione della carriera. Viviamo anche nell’epoca delle grandi dimissioni. Infatti, come si legge nella Relazione annuale sulla convalida delle dimissioni dell’INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro), nel 2022 sono state 61.391 con un aumento del 17,1% rispetto al 2021. Il fenomeno delle dimissioni riguarda soprattutto le donne, con oltre 44mila neomamme che si sono dimesse a causa della difficoltà di conciliazione tra la cura dei figli e il lavoro. Di tutte le 44.699 dimissioni da parte delle donne, la quota più consistente (il 32%) è legata alla microimpresa, a seguire la grande (26,2%), la piccola (22,3%) e infine la media (15,5%). Per quanto riguarda le qualifiche, il 92% delle dimissioni convalidate riguarda le figure di impiegato e operaio, ma si registrano anche 410 dimissioni da parte di dirigenti e quadri donna contro 326 dirigenti e quadri uomini. Promuovere l’occupazione femminile, incentivando la creazione di rapporti di lavoro equilibrati e stabili, rappresenta il punto di partenza per un futuro più sostenibile e inclusivo. 4.Manager è in prima linea per sostenere le politiche attive del lavoro, attraverso l’introduzione di nuovi strumenti volti a favorire le pari opportunità e risolvere il gender gap.

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