Competenze e consapevolezza del rischio
La crescente complessità e velocità richieste alle imprese nella gestione del business aumentano i rischi, che possono compromettere i risultati e le prospettive dell'impresa. Quindi ci vuole maggiore consapevolezza e cultura della gestione del rischio.
Roberto Maggi
Managing Partner PK Consulting - roberto.maggi@pkconsulting.it
Nel precedente articolo avevamo commentato cosa significa avere cultura del rischio in azienda e quanto questa conoscenza sia un aspetto fondamentale in termini di sostenibilità e reputazione. Avevamo anche accennato alla complessità del tema, al fatto che abbraccia più aspetti e coinvolge tutti i livelli gerarchici, dall’amministratore delegato all’impiegato del settore amministrativo, ognuno per il proprio livello di responsabilità e competenza.
La cultura del rischio non può prescindere da questo: essere formati e competenti.
Durante la tavola rotonda dello scorso 4 luglio a Milano, abbiamo parlato di queste tematiche con Paola Musile Tanzi, docente SDA Bocconi School of Management – dove ha diretto l’Area Intermediazione Finanziaria e Assicurazioni – ordinario di Economia degli Intermediari finanziari presso l’Università degli Studi di Perugia. Anticipiamo da subito la conclusione del suo intervento perché rappresenta una positiva speranza: le future generazioni avranno i temi della gestione del rischio più metabolizzati, sarà per loro un approccio naturale, avranno una forma mentis predisposta all’analisi dei rischi.
Ma andiamo con ordine.
L’intervento della professoressa Musile Tanzi durante la tavola rotonda dello scorso 4 luglio a Milano sulla cultura del rischio è iniziato dall’analisi dei rischi nell’ambito del risparmio gestito nel mondo dell’intermediazione finanziaria e assicurativa, suoi argomenti di studio e insegnamento. Operare nel risparmio gestito vuol dire gestire il rischio per conto degli altri, ovvero dei clienti, e amministrarne la ricchezza a tutto tondo.
Spesso queste funzioni vengono svolte con promesse di personalizzazione, di creazione di pacchetti ad hoc per quello specifico cliente, di governo del risparmio in maniera individuale. Ma, suggerisce la Musile Tanzi, quello che in prima battuta dovremmo richiedere ai nostri intermediari è come prevedono la gestione del rischio, o meglio, la loro capacità di gestire il rischio, la loro competenza su questi temi e la loro capacità di governo. Sembrano quasi domande banali, ma sono alla base di una buona consulenza e di un buon risultato finale. E sono il solo aspetto che dovrebbe rassicurarci (a volte la forte personalizzazione può anche nascondere un problema più ampio, ma non vogliamo insinuare nulla).
E come possono fare tutto ciò? Basta l’iniziativa personale o il buon senso? No, questi elementi servono, ma per dare un servizio di buon livello è importante saper riconoscere il rischio, essere formati a ciò e avere le competenze per affrontarlo e, come si diceva nel precedente articolo, per trasformarlo in vantaggio, ove possibile.
Parlando delle società e delle organizzazioni, essere capaci di gestire i rischi non può prescindere dalla corretta, profonda, strutturata e interdisciplinare analisi quali/quantitativa dei rischi stessi, in altri termini dalla conoscenza. Non si può governare ciò che non si conosce, pertanto, c’è una fortissima esigenza di aumentare la competenza delle persone nella percezione, nell’analisi, nella conoscenza e nella gestione dei rischi.
La competenza è quindi il primo mattone sul quale costruire un’adeguata cultura del rischio. La conoscenza infatti è uno degli elementi principali che portano a definire la propria propensione al rischio, così come una consapevolezza diffusa in azienda dell’approccio al rischio crea quel contesto sociale che spinge ciascuno ad agire in coerenza con il sistema valoriale condiviso.
La cultura del rischio consente di: analizzare i rischi, tenere monitorata la loro evoluzione, progettare sistemi di controllo interni che non siano necessariamente più pesanti o stringenti bensì semplicemente idonei (a mitigare, trasferire, accettare i rischi ovvero a decidere di non esporsi), attuare efficacemente i sistemi di controllo e di migliorarli nel tempo adeguandoli all’evoluzione dei rischi specifici.
Tutte le scelte aziendali devono avere come aspetto preponderante la valutazione dei rischi, devono tenere costantemente controllata la propensione al rischio. Un rischio può portare fatturato, ma se non ben analizzato e gestito, per contro, può condurre a problematiche più serie con impatto immediato sulla profittabilità e, molto peggio, sulla reputazione.
È impossibile evitare i rischi nell’operatività di tutti i giorni, ma esserne consapevoli è l’inzio per gestirli e prevenirli. Il rischio nasce dal non sapere cosa stiamo facendo. Il rischio corre sullo stesso binario del piano strategico.
Ovviamente, sapere ed essere consapevoli di cosa si stia facendo vuole dire essere competenti.
In un’azienda sensibile a queste tematiche la formazione delle proprie persone, direttamente o indirettamente coinvolte nella gestione dei rischi, è costante e sempre aggiornata con le regole e le leggi in materia.
Ci sono elementi che possono indicare che la gestione dei rischi non è ben presidiata? Come si può capire se una società sta agendo nella maniera corretta per vigilare questi aspetti, tradurli in business e renderli, ove possibile, vantaggiosi? La risposta più istintiva potrebbe essere: la bontà dei controlli di primo, secondo e terzo livello. La risposta sta nel grado di cultura del rischio a tutti i livelli dell’organizzazione, nella bontà e nella frequenza dell’analisi dei rischi, nella idoneità del sistema dei controlli interni di supportare il business (non appesantendolo con controlli utili solo a mettere in pace la coscienza di chi li ha progettati), ed anche in un buon sistema di monitoraggio, nella competenza e nella autorevolezza della leadership.
Ancora una volta la differenza la fanno le persone, il primo patrimonio aziendale.
Come indica la professoressa Musile Tanzi la consapevolezza delle persone è al centro della buona gestione dei rischi.
Nel prossimo articolo approfondiremo la cultura del rischio e il suo legame con la leadership.
01 ottobre 2019