Donne dirigenti in Italia: ancora solo il 22%, ma crescono più velocemente degli uomini

Più donne al lavoro in posizioni apicali possono favorire un rilancio sostenibile e duraturo per l’economia e la società nel suo complesso

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

a cura della Redazione 4.Manager

Il Gender Gap in ambito manageriale rimane una sfida significativa per l’Italia, ma ci sono segnali di cambiamento positivo che riguardano la crescita della presenza femminile nelle posizioni manageriali. In Italia le donne rappresentano appena il 22,0% dei dirigenti, secondo quanto emerge dal rapporto Equità di genere nelle posizioni manageriali: analisi e prospettive dell’Osservatorio 4.Manager, che fotografa un Paese ancora indietro ma in movimento, con segnali di cambiamento che arrivano soprattutto dal Meridione. 
Per affrontare un tema complesso e intersettoriale come quello della parità, l’Osservatorio 4.Manager ha adottato un approccio trasversale che combina fonti istituzionali, strumenti di monitoraggio digitale, dati da piattaforme professionali e nuovi sistemi di skill intelligence.

La crescita femminile doppia quella maschile

A livello nazionale, il numero di donne dirigenti è aumentato del 28,9% in quattro anni dal 2020 (da 23.601 a 30.419 unità), mentre quello maschile solo del 7,7%. Nel manifatturiero, settore tradizionalmente maschile, l’ultimo anno ha visto un’accelerazione notevole di presenza femminile: +6,9% (8.492 nel 2023) contro il +2,8% di crescita generale. 

La distribuzione geografica delle donne dirigenti

La distribuzione geografica delle donne dirigenti mostra una forte concentrazione nel Nord Italia, ma il dato più sorprendente arriva dal Sud Italia e le Isole, dove tra il 2020 e il 2023 le donne in posizioni apicali sono cresciute del 37,2%, il tasso più alto a livello nazionale (da 1.390 a 1.907 unità). Un segnale che, seppur partendo da numeri assoluti ancora bassi (solo il 6,3% delle dirigenti italiane è ascrivibile al Sud), indica un processo di riequilibrio territoriale in atto.

Più donne dirigenti nelle fasce più giovani

La ricerca evidenzia che per entrambi i generi, la fascia 50-54 anni rappresenta il picco di concentrazione dirigenziale, raccogliendo il 23,5% sia dei dirigenti uomini che delle dirigenti donne. Questo dato mette in luce come il percorso verso posizioni apicali richieda tipicamente un periodo di carriera e maturazione professionale simile, indipendentemente dal genere. Tuttavia, le distribuzioni presentano differenze strutturali rilevanti. La dirigenza maschile mostra una curva più equilibrata e simmetrica, con una significativa presenza anche nelle fasce d’età avanzate: il 22,1% ha 55-59 anni e il 16,0% ha 60-64 anni. La distribuzione femminile, invece, è caratterizzata da un calo più rapido nelle fasce d’età superiori, con solo il 16,6% nella fascia 55-59 anni e l’8,9% nella fascia 60-64 anni. Particolarmente evidente è la differenza nella fascia over 65, dove si osserva il 4,2% dei dirigenti uomini contro appena il 2,2% delle dirigenti donne, confermando una maggiore difficoltà per le donne a mantenere posizioni apicali nelle fasi avanzate della carriera. 
Contemporaneamente, nelle fasce più giovani (30-39 anni) si osserva una presenza femminile proporzionalmente più significativa: la somma delle fasce 30-34 e 35-39 anni rappresenta il 14,0% delle dirigenti donne contro il 7,5% dei dirigenti uomini nell’accesso delle giovani professioniste ai ruoli dirigenziali nelle fasi iniziali della carriera. La distribuzione complessiva rivela che la fascia centrale 40-54 anni raccoglie il 57,6% delle dirigenti donne e il 50% dei dirigenti uomini, indicando una maggiore concentrazione della dirigenza femminile in questa fascia d’età. Questi dati mostrano la presenza di un modello di carriera dirigenziale che, seppur simile nella fase centrale, presenta divergenze significative nelle estremità: le donne sembrano accedere relativamente più rapidamente a ruoli dirigenziali nelle fasi iniziali, ma incontrano maggiori difficoltà nel mantenere le posizioni nelle fasi avanzate della carriera. Questo potrebbe riflettere sia un recente miglioramento nelle politiche di promozione della leadership femminile tra le nuove generazioni, sia la persistenza di barriere che ostacolano la continuità delle carriere femminili ai livelli apicali nel lungo periodo. 

Possibili soluzioni per accelerare l’integrazione delle politiche di inclusione 

Il rapporto dell’Osservatorio 4.Manager propone una strategia innovativa di “skill intelligence” che potrebbe accelerare l’integrazione delle politiche di inclusione nei processi aziendali tradizionali: creare “ponti” di competenze tra Dirigenti HR e Diversity Manager attraverso programmi di formazione incrociata e job rotation. L’implementazione di queste strategie di trasferimento di competenze potrebbe generare molteplici vantaggi per le organizzazioni: 
  • creazione di una maggiore sinergia tra i ruoli manageriali, favorendo lo sviluppo di un ambiente di lavoro più inclusivo;
  • aumento dell’efficacia complessiva delle politiche di gestione delle risorse umane;
  • miglioramento dei livelli di engagement e retention dei talenti, con particolare attenzione alla diversità; 
  • maggiore conformità alle normative vigenti sulla parità di genere e riduzione dei rischi legali associati.
Oggi le strategie, le azioni e gli strumenti da mettere in campo devono includere una nuova cultura d’impresa, capace di valorizzare la leadership al femminile, senza la quale non è possibile realizzare un rilancio sostenibile, innovativo e competitivo del sistema produttivo italiano. Più donne al lavoro in posizioni apicali possono favorire un rilancio sostenibile e duraturo per l’economia e la società nel suo complesso.

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