La gestione dei team in un’era di smart working

E' necessario essere dei leader che sappiano gestire non solo dei professionisti, ma anche delle persone, garantendo alla propria azienda la capacità di adattarsi a contesti e scenari in costante evoluzione

Luca Ancona

 Franchise Manager - The Coca-Cola Company
Gestione del team e smart working: le persone e l’organizzazione. 

Due concetti estremamente affascinanti e fondamenta del fare impresa: pilastri imprescindibili e necessari per garantire la gestione e lo sviluppo di un’azienda.


Nuove certezze

Il periodo pandemico e quello post-pandemico ci hanno lasciato in eredità, dal mio punto di vista, due concetti fondamentali: il primo è che, per buona parte dei settori merceologici, e direi per praticamente tutte le attività d’ufficio, il luogo di lavoro non ha più una valenza univoca e necessaria di posto ove poter svolgere la propria mansione o attività. 

Ci siamo resi conto, in estrema sintesi, di poter garantire la nostra performance lavorativa, e quella dei nostri team, anche quando fisicamente in altro luogo. 

Collegandoci a questa prima certezza, abbiamo però avuto modo di cogliere un secondo aspetto: l’esperienza di lavoro da remoto non può e non deve essere esclusiva.

Il professionista e la persona

Durante tutta la nostra vita lavorativa gestiamo costantemente due ruoli: siamo professionisti ma siamo anche persone. Ed è proprio l’equilibrio tra queste due anime che mi porta a pensare che la soluzione migliore nella gestione dei team – ma in generale delle aziende – sia proprio quella del lavoro in modalità ibrida. Vedo questa come una soluzione in grado di garantire da una parte, al professionista, tutti i benefici collegati allo svolgimento di un’attività indipendentemente dal luogo in cui la stessa viene svolta, e dall’altra, dare la possibilità alla persona di sentirsi parte di un qualcosa di più grande, ovvero di un’azienda intesa come organizzazione e comunità di persone accomunate dagli stessi valori e dalla stessa cultura. Il tutto orchestrando sia la propria sfera lavorativa sia quella personale (il concetto tanto caro ormai a tutti di “work-life balance”).

In medio stat virtus ovvero il lavoro ibrido

Il bilanciare il lavoro da remoto con quello in presenza credo abbia il vantaggio di abbattere quelli che sono i rischi principali insiti nel primo, che, diciamocelo, in un iniziale momento post-pandemico ha affascinato un po’ tutti. Il lavoro in presenza ci dà la possibilità di preservare e diffondere, nel medio-lungo termine, una cultura aziendale oltre a stabilire relazioni più forti tra le persone creando un team. È evidente che uno spazio fisico comune sia fondamentale per garantire la creazione, diffusione e trasmissione di una cultura aziendale, di un senso di appartenenza così come di pratiche, di consuetudini e di esperienze relative a un determinato task, mansione o attività d’impresa. 

La cultura aziendale, i valori e il senso di appartenenza sono anche un fenomenale acceleratore di performance perché originano quella che definirei la passione per il nostro lavoro: non amiamo solo quello che facciamo ma ci sentiamo parte di qualcosa di più grande e per questo siamo disposti ad andare oltre nostri limiti individuali. Lo spazio fisico comune crea e cementa anche lo spirito di squadra all’interno delle nostre aziende. Il team è un secondo acceleratore estremamente potente: interagendo con gli altri e sentendoci parte di una missione comune ci sentiamo spinti a innovare, a trovare soluzioni, a mediare, di fatto a confrontarci rendendo un determinato risultato migliore in quanto derivante da molteplici contributi. Al tempo stesso quel risultato sarà più facilmente replicabile o migliorabile in futuro, in quanto avrà alimentato all’interno del gruppo la cosiddetta curva di apprendimento e/o l’esperienza. Senza dimenticare che il lavoro ibrido garantisce all’organizzazione adattabilità e flessibilità, in quanto bilanciamo performance individuale e quella di squadra. I gruppi, formali o informali, riescono a cogliere più facilmente quei segnali di cambiamento nello scenario e/o nel contesto di mercato. Gli ultimi anni, estremamente volatili, ci hanno insegnato che il catturare per tempo questi segnali e l’agire di conseguenza fanno la differenza tra un’azienda che continua a crescere e una che sopravvive con difficoltà.

Tutto quindi molto semplice? Da manager a leader

Direi proprio di no. Il vero cambiamento che il lavoro ibrido porta con sé è l’assoluta rilevanza del nostro ruolo di leader. Il concetto della differenza tra un leader e un manager è estremamente consolidato ma diventa strategico per la nostra esperienza lavorativa e per i gruppi, dipartimenti o funzioni organizzative che lavorano sia in presenza sia da remoto. 

Ma quali sono gli spunti, i principi o le regole per farlo al meglio? Ecco quelli che vedo:

  1. Trasparenza. Abilitare uno scambio di informazioni, esperienze, idee, comunicando proficuamente. È estremamente importante soprattutto quando si opera in momenti negativi e/o di incertezza: alimenta il concetto di essere tutti parte dello stesso percorso.
  2. Feedback. La cultura del feedback aiuta a stabilire quella fiducia reciproca che è alla base di un rapporto lavorativo forte, aperto e quindi produttivo.
  3. Autonomia. Una delle azioni fondamentali nel passaggio da manager a leader è proprio quella di saper delegare.
  4. Empatia. Comprendere il proprio team e capire quali siano le leve da muovere per ciascuna persona ci aiutano a far breccia nel professionista arrivando fino alla persona. In quel momento si crea una comunione d’intenti estremamente forte e durevole.
  5. Negoziazione. Siamo tutti impegnati in un costante scambio in qualsiasi istante della nostra attività lavorativa. Le capacità negoziali danno la possibilità al leader di ascoltare e comprendere raggiungendo poi una soluzione che sappia mediare tra le diverse posizioni.
  6. Semplificare. Si tratta di una delle caratteristiche fondamentali del leader, ovvero la possibilità di comunicare un punto di partenza comune, alimentare dei valori condivisi o ridurre un problema complesso in tante micro-attività più semplici.

Se potessi quindi riassumere questi concetti in alcune keywords principali che rispondano ai temi sviluppati in questo contributo, direi che è ormai fondamentale essere dei leader che sappiano gestire non solo dei professionisti, ma anche delle persone, garantendo alla propria azienda la capacità di adattarsi a contesti e scenari in costante evoluzione.

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