Occupazione femminile in Italia: ancora troppe disparità
Presentato il Rapporto CNEL-ISTAT sulle donne nel mondo del lavoro

di Leila Tatiana Salour
Componente del Comitato di Redazione Dirigenti Industria
Il CNEL ha presentato il rapporto “Il lavoro delle donne tra ostacoli e opportunità”, realizzato in collaborazione con ISTAT. L’indagine fornisce un quadro chiaro e dettagliato sulla condizione occupazionale femminile in Italia, evidenziando i progressi raggiunti e le persistenti disuguaglianze rispetto agli uomini e ai partner europei.
Donne e lavoro: un divario ancora troppo ampio.
L’Italia continua a registrare un tasso di occupazione femminile inferiore di 12,6 punti rispetto alla media UE, confermandosi all’ultimo posto tra i 27 paesi dell’Unione. Se da un lato il numero di donne occupate è cresciuto (+6 punti dal 2008), dall’altro il divario di genere rimane marcato, con un gap occupazionale doppio rispetto alla media europea (17,4 punti vs. 9,1 punti UE).
Le disparità territoriali aggravano il quadro: mentre il Nord e il Centro (escluso il Lazio) hanno raggiunto il 60% di occupazione femminile, nessuna regione del Sud è riuscita a centrare l’obiettivo fissato dalla Strategia di Lisbona 2010.
Donne over 50 trainano l’occupazione, giovani ancora in difficoltà
L’incremento dell’occupazione femminile è stato guidato quasi esclusivamente dalla fascia over 50, con un aumento di 20 punti percentuali. Le giovani donne (25-34 anni), invece, faticano a entrare nel mercato del lavoro, con una crescita occupazionale di appena 1,4 punti in 16 anni.
La situazione è ancora più critica nel Mezzogiorno, dove il tasso di occupazione femminile nelle fasce più adulte è inferiore di 33 punti rispetto agli uomini.
Una nota positiva per le donne manager arriva dalla Lombardia, secondo i dati INPS, con l'aumento nel periodo 2019-2023 del 40% delle donne dirigenti e del 31% delle donne quadri.
Lavoro precario e retribuzioni più basse: una doppia penalizzazione
Solo il 53,9% delle donne occupate ha un contratto stabile, contro il 70% degli uomini. Un quarto delle lavoratrici ha un impiego precario o vulnerabile (part-time involontario, contratti a termine), contro il 13,8% degli uomini.
Differenza salariale: le lavoratrici guadagnano in media 6.000 euro in meno all’anno rispetto ai colleghi uomini.
Le donne risultano più esposte alla precarietà se giovani, residenti al Sud o con un basso livello di istruzione.
Meno famiglie monoreddito, ma la maternità resta un freno alla carriera
Negli ultimi 15 anni è diminuita la percentuale di coppie in cui solo l’uomo lavora, scesa dal 33,5% al 25,2%. Tuttavia, l’Italia è ancora lontana dagli standard europei, con una media UE del 16,1% (Tasso di occupazione delle madri in coppia: 57% - Tasso di occupazione dei padri in coppia: 86%).
Le donne con figli hanno tassi di occupazione significativamente più bassi rispetto agli uomini, un fenomeno amplificato nelle regioni con scarsa disponibilità di servizi per l’infanzia.
Donne più istruite, ma meno valorizzate
Sebbene il 68% delle donne tra i 25 e i 64 anni abbia almeno un diploma (contro il 62,9% degli uomini) e il 25% delle donne abbia una laurea (contro il 18% degli uomini), questa superiorità formativa non si traduce in una maggiore occupazione o migliori opportunità di carriera.
L’occupazione femminile è concentrata in pochi settori, mentre gli uomini sono presenti in un numero più ampio di professioni.
Una questione di crescita e competitività
L’occupazione femminile non è solo una questione di equità, ma anche di sviluppo economico. Aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro significa accrescere la produttività e migliorare il benessere collettivo.
Le coppie in cui entrambi i partner lavorano hanno livelli di soddisfazione della vita più alti (63% vs. 40% delle coppie monoreddito).
Investire nella parità di genere porta benefici all’intero sistema economico, come dimostrano i paesi con tassi di occupazione femminile più elevati.
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07 marzo 2025