Investire nel proprio futuro

Del futuro non c’è certezza, ancor meno oggi e in prospettiva. Il contesto stimola atteggiamenti difensivi, ma il buon senso impone di cavalcare il cambiamento. Un po' imprenditori, un po' manager, un po' consulenti, un po' no profit: nascono gli hybrid workers.

Nicolò Boggian 

Board Member Forum della Meritocrazia e Managing Partner, Black tie
Qualche mese fa ho scritto di un futuro ( prossimo ) del lavoro “Il futuro del lavoro” e del modo in cui le organizzazioni reagiscono o potrebbero reagire al cambiamento in atto. 
A distanza di qualche mese voglio invece ragionare su come le Persone si adattano o potrebbero adattarsi a questo cambiamento. 
I fattori di contesto sono sempre i medesimi: competizione globale e tecnologia, che portano ad effetti visibili e ad opportunità da cogliere. Se da un lato infatti le carriere e la stabilità del posto di lavoro sono sempre più a rischio, d'altro lato emergono opportunità di lavoro, conoscenza e azione finora sconosciute. 

In queste condizioni si originano una serie di reazioni, difensive o evolutive, che le persone attuano. Si possono "catalogare" in reazioni difensive i comportamenti di alcuni che tendono per esempio a lavorare sempre più ore per essere competitivi o cercano di difendere i propri privilegi acquisiti con varie forme di comportamenti opportunistici. Definirei queste reazioni come patologiche, perché in ultima analisi danneggiano le organizzazioni e le persone stesse, e pertanto da sconsigliare e disincentivare. 

Viceversa trovo evidenza di varie reazioni evolutive che portano le persone ad investire sempre più nella formazione continua , nella ridefinizione dei propri obiettivi e in uno sforzo di supporto al cambiamento della società con attività di giveback e di dono. 
In particolare vedo una tendenza alla creazione di figure professionali "ibride" che definirei quindi hybrid workers. Sono professionisti che hanno interessi differenziati e riescono ad essere contemporaneamente, o in fasi successive, sia manager che imprenditori che consulenti che investitori che attori del mondo no profit. 

Questa strategia di diversificazione non solo è positiva per il contesto per molti motivi, ma è anche molto positiva per le persone stesse che in questo modo imparano, proteggono il proprio status, costruiscono network e opportunità per se stessi e per gli altri. 
Un modo molto sano e produttivo di accompagnare il cambiamento e di esserne artefici e promotori. Le organizzazioni possono avvantaggiarsi di questi comportamenti (invece di boicottarli) e il contesto istituzionale può mutare per stimolare e tutelare questa transizione dagli squilibri che un cambiamento di questo tipo inevitabilmente genera. Sempre più interessanti saranno quindi strutture che supportino questo cambiamento e facciano tesoro delle esperienze e risultanze acquisite.

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